Musica

Eurovision Song Contest 2018, le speranze di Meta-Moro

Paolo Morati 11/05/2018

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A Lisbona si fa sul serio, dopo una prima settimana di prove dei concorrenti allo Eurovision Song Contest edizione 63, e una seconda dedicata anche alle relative semifinali, sabato sera si terrà la finale. In gara ci sono Ermal Meta e Fabrizio Moro con Non mi avete fatto niente, distanti ma sempre meno dai favoriti della vigilia stando alle quotazioni dei bookmakers. In primis, almeno inizialmente, si parla(va) dell’israeliana Netta e della sua Toy, costruita secondo i canoni moderni da tormentone con tanto di mossette da pollo studiate e rese popolari dal video ormai in circolazione da tempo, non spiccando però per originalità suonando alla lunga pure fastidiosa. E che sta di fatto perdendo qualche colpo anche per una resa poco coinvolgente. Senza contare la polemica innescata dal vincitore dello scorso anno Salvator Sobral (che l’ha definita una canzone orribile), scatenando le reazioni dei fan della manifestazione.

Di tutt’altro genere la proposta ‘lirica’ estone, intitolata La Forza e cantata interamente in italiano da Eina Nechayeva, forte di una messa in scena statica ma colorata e spettacolare (compreso un abito da sessantamila euro) e una decisa perfezione vocale. Stessa sorte altalenante per il bielorusso naturalizzato norvegese Rybak, che con That’s how you write a song sembra essere la carta scandinava di quest’anno (insieme all’inossidabile Svezia)  sulla quale si concentrerà l’attenzione di chi preferisce la fredda perfezione (Rybak vinse già nel 2009) alla calda improvvisazione.

Ecco allora che la quota sociale è appannaggio dei francesi Madame Monsieur. La loro Mercy, moderna e ben cantata (con il vantaggio di staccarsi grazie al francese), tratta il tema dell’immigrazione, e mentre scriviamo guadagna sempre più punti in attesa della prova generale sulla quale voteranno le giurie. Totalmente Eurovision e mainstream vecchio stampo, invece il brano Fuego dell’albanese naturalizzata greca Eleni Foureira a rappresentare Cipro e mentre scriviamo prima candidata alla vittoria (incredibilmente, essendo indistinguibile da quanto circolava già negli anni ‘90 così come da altre proposte di quest’anno) perlomeno fronte televoto, mentre, al contrario, i Paesi Bassi cercano ancora una volta di portare suoni diversi con Waylon. Il suo Outlaw In ‘Em è un solido brano rock in salsa country (o viceversa), che avrebbe guadagnato ulteriori punti senza i musicisti di contorno che alla fine rovinano l’insieme e distraggono, inserendosi in uno scenario globale all’interno del quale emerge un triste appiattimento generale con poca originalità di fondo, non certo aiutato dalla libertà di idioma. Compreso il Regno Unito, costantemente impalpabile, o la Spagna, che non riesce proprio a tirare fuori una proposta decente in chiave latina. Insomma anche a più ascolti si fa fatica a ritornare sulle canzoni in gara.

Si notano nel contempo meno carnevalate rispetto ad altre stagioni. Questo non è detto che sia un bene per lo show anche perché lo Eurovision Song Contest si è via via affermato come un grande party in un contesto in cui gli appassionati, quelli che discutono tutto l’anno su siti come Wiwibloggs e sono iscritti ai vari club, vivono una festa fatta di musica, immagine ma anche di un grande campanilismo. Tra le immancabili accuse agli svedesi di indirizzare le cose a loro uso e consumo (o delle strategie dell’EBU), gli scambi di voti tra paesi limitrofi e il televoto influenzato dall’immigrazione locale, fino alle voci di lungo corso e mai confermate veramente secondo cui l’Italia non vorrebbe vincere per poi avere l’onere di ospitare l’edizione successiva.

Dal canto nostro ci hanno ben impressionato il Belgio (eliminato in semifinale, Sennek con A Matter Of Time), la Slovenia (Lea Sirk con Hvala, ne! attenzione al suo break), i divertenti moldavi, e la Georgia (coraggiosamente diversi rispetto alla pattuglia, anch’essi eliminati), e tutto sommato anche l’Irlanda che torna in finale dopo tanti anni di umiliazioni e che potrebbe essere il dark horse di questa edizione, tanto che sta scalando le quotazioni: Ryan O’Shaughnessy corre con Together anche lui, con i suoi due ballerini, verso la vittoria?

Come sa bene Francesco Gabbani chi è dato favoritissimo alla fine non sempre conferma le previsioni, e tornando quindi a noi, se non ce l’hanno fatta i ragazzi del Volo (terzi nel 2015 nonostante l’enorme riscontro al televoto, dove trionfarono di gran lunga, con discussioni che si protraggono ancora oggi sui vari forum circa un presunto boicottaggio da parte delle giurie) e lo stesso Gabbani (Occidentali’s Karma finì sesta dopo essere stata data ampiamente favorita) difficile prevedere Ermal Meta e Fabrizio Moro vincitori. Ma attenzione: canteranno per ultimi subito dopo Cirpo, rimanendo probabilmente ben impressi nella mente di chi televoterà. Il loro è uno staging semplice (basato sul colore rosso) e la traduzione del testo in più lingue in sovraimpressione sullo schermo, giocando tutto sulla forza del messaggio.

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