Atletica

Dieci anni senza Pietro Mennea

Paolo Morati 21/03/2023

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Nei giorni scorsi interloquendo con un giovane parente siamo finiti a parlare di Pietro Mennea, scomparso 10 anni fa, proprio il 21 marzo. Scoprendo che non avesse idea di chi sia stato Mennea. Atleta leggendario, più volte ricordato su Indiscreto anche grazie alla collaborazione con il suo storico allenatore Carlo Vittori, Mennea è stato per la nostra generazione il punto di riferimento della velocità. Quando eravamo ragazzini era in uso dire “Non sono mica Mennea… sembra Mennea…” sia in contesti sportivi sia come immagine della velocità in tutte le sue applicazioni.

Il barlettano, recordman dei 200 metri con il leggendario 19”72 di Città del Messico del 1979, era il simbolo della dedizione e di un’epoca in cui i personaggi sportivi erano poca immagine e molta sostanza. Niente scenette, balletti, colori e quant’altro, ma semplicemente la prestazione sportiva, al massimo un dito alzato verso il cielo, in un’epoca non semplice con tutti i chiari e scuri che c’erano allora così come oggi e ci saranno sempre nello sport così come nella vita. È ovvio che ognuno sia figlio del suo tempo: Mennea era un professionista, sia pure con l’ardore del dilettante, ed oggi sarebbe obbligato a mettere su Instagram anche le foto degli allenamenti, come giustamente fa Marcell Jacobs.  

Lo sportivo come Mennea si notava poco nel quotidiano, in tv al massimo nelle gare e in qualche dichiarazione (con Mennea le polemiche non mancavano), ma poi tornava nell’ombra mediatica restando però nella memoria e trasformandosi quindi in mito laddove oggi ogni personaggio è continuamente esposto, le sue prestazioni possono essere viste e riviste, e (come avviene nella musica) si rischia di essere dimenticati rapidamente nel giro di una playlist. Per molti versi è stato fortunato: il mito per diventare tale non deve inflazionarsi ma nemmeno essere invisibile, in questo senso gli anni Settanta e Ottanta sono stati l’ideale.

Non conoscerlo per le nuove generazioni non è una colpa (ci è stato risposto “Noi diciamo ‘Non sei veloce come Bolt’…”), la storia della corsa non è certamente materia di studio nelle scuole. Mennea però dovrebbe esserlo, in quel suo rifiutare l’esposizione (la moglie ha raccontato che disse anche no a un reality, un sacrilegio secondo noi solo pensare di proporglielo…) e nella sua capacità di resistere con il suo record anche agli attacchi del ‘Figlio del vento’ Carl Lewis e di tutta una generazione di velocisti che stava di fatto cambiando i parametri della disciplina. Poi nel 1996 ci pensò Michael Johnson ad abbattere quel 19”72, che in ogni caso resta ancora saldamente primato europeo. Quando l’era Bolt era ancora lontana… mentre quella di Mennea resta.

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