Carlo Vittori

26 Dicembre 2015 di Stefano Olivari

La morte di Carlo Vittori, alla vigilia di Natale nella sua Ascoli Piceno, ci ha privato di una persona ancora viva nonostante gli 84 anni ed il ruolo da santone (peraltro inascoltato) che l’atletica e lo sport italiano gli avevano riservato da quasi trent’anni per toglierselo di mezzo. Un conto è l’età del 2015 e degli anni precedenti, un altro quella del 1986 quando Vittori era fra i tecnici più conosciuti al mondo. Eppure molto concretamente il professore non prometteva di creare il nuovo Bolt, ma soltanto di trasmettere le sue conoscenze a una nuova generazione di allenatori. Ex ottimo velocista, due volte campione italiano nei 100 e anche convocato per i Giochi Olimpici di Helsinki, Vittori era l’incarnazione dell’insegnante che tutti noi abbiamo avuto alle medie o al liceo prima di diventare un professionista dell’atletica come responsabile della velocità azzurra dal 1969 al 1986. Gli anni d’oro di Pietro Mennea, al quale il suo nome sarà inevitabilmente ed anche un po’ ingiustamente (per entrambi: Vittori ha portato ad alto livello tanti altri, in proporzione migliorandoli più di Mennea, mentre Mennea al di là della retorica del sacrificio era anche un grande talento naturale come testimoniato dai risultati giovanili) sempre associato, ma anche di un’atletica italiana che sotto la presidenza dell’adesso vituperato Primo Nebiolo aveva alzato l’asticella delle ambizioni riuscendo ad essere competitiva anche nelle specialità trainanti. Vittori era davvero molto rispettato in campo internazionale, al punto che i suoi studi sul miglioramento della forza sono inseriti (con tanto di citazione) nei testi più avanzati di atletica: lui stesso ne ha raccolto qualcuno l’anno scorso in un bellissimo libro, ‘Nervi e cuore saldi. L’allenamento del velocista nelle sue componenti motivazionali e biologiche’, dove insieme a tabelle di allenamento e considerazioni biomeccaniche c’è la chiave del suo pensiero, cioè il portare il velocista alla fusione totale con la sua specialità (lui la definiva ‘trasfigurazione’), avendo in testa il giorno decisivo, il ‘giorno dei giorni’, anche nella più oscura delle gare provinciali. Uomo dalle conoscenze multidisciplinari, aveva lavorato tanto anche nel calcio (soprattutto con Ascoli e Fiorentina, oltre che con singoli calciatori di altre squadre) giungendo a una conclusione non tanto gradita dai suoi colleghi: la preparazione atletica nel calcio non può essere lasciata a preparatori che vengono da altri sport, nemmeno dalla sua atletica, tante sono le differenze muscolari, aerobiche e psicologiche. Fra dover essere a un livello accettabile ogni tre giorni e al massimo una volta l’anno c’è un mondo… In campi ben specifici, come il recupero dagli infortuni e la prevenzione, gli scambi possono invece essere fruttuosi (a lui è legato il periodo di maggior salute di Roberto Baggio). Ma è un po’ assurdo spiegare subito dopo la morte chi sia stato un personaggio notissimo e rispettato come Vittori. Sempre pronto a difendere le proprie idee, anche contro persone a cui aveva voluto bene, da Nebiolo a Tilli. Molto duro contro i dopati, per i quali avrebbe voluto la radiazione dopo la prima positività (impazziva ogni volta che vedeva il secondo Gatlin ai blocchi di partenza) e che non vedeva come vittime inconsapevoli di medici cattivi, ma anche contro chi dell’antidoping ha fatto una bandiera gettando fango su tutta l’atletica (non aveva una grande opinione di Sandro Donati, per dire, in passato suo collaboratore) pulita. Negli ultimi mesi il professore guardava con amarezza lo sport che tanto amava, giudicandolo a livello agonistico in declino nel mondo e morto in Italia: era un grande cultore della forma fisica, anche per gli anziani, però come tutti gli uomini di una certa epoca riteneva (secondo noi giustamente) l’agonismo una cosa per giovani. Grazie a Oscar Eleni era diventato amico di Indiscreto, sito che ha indegnamente ospitato i suoi interventi nel recente passato (memorabile la presa in giro del ‘metodo Francis’), ma soprattutto amico di chi ritiene lo sport un motivo valido per vivere. Ci mancherà tantissimo.

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