Atletica

Complotto contro Schwazer: ma dove?

Stefano Olivari 19/02/2021

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Contro Alex Schwazer c’è stato un complotto. Questo suggerisce l’archiviazione disposta dal gip del Tribunale di Bolzano, Walter Pelino, nella parte in cui si legge che i campioni di urina presi dal marciatore italiano a Capodanno 2016 sono stati alterati per gettare discredito su di lui e sul suo allenatore Sandro Donati. La strategia mediatica del vittimismo e delle lacrime ha insomma pagato, tanto i lettori-telespettatori (e anche molti giornalisti) non sanno che nei processi per doping la giustizia penale quasi mai è concorde con quella sportiva essendo molto diverse le evidenze del reato richieste.

Come la pensiamo su Schwazer l’abbiamo scritto tante volte e lo ripetiamo: non è certo un criminale, ma un atleta che si è mosso all’interno di un sistema marcio (che però ha anche atleti davvero puliti e lui non fa parte di questo gruppo da almeno una decina d’anni, al di là della redenzione) e che è stato sostenuto della FIDAL nel periodo del suo primo rientro, quello culminato con la Coppa del Mondo di Roma 2016. Di più: fa parte di una federazione considerata dalla federazione internazionale di atletica, e dalla WADA, l’agenzia mondiale antidoping, da inserire nel girone dei ‘buoni’, come si evince dal basso numero di squalifiche e di richiami.

Donati, poi, è un personaggio che sull’antidoping ha costruito tutta una carriera, allargando il discorso dal campo chimico a quello della cultura sportiva, attraverso libri che riteniamo fondamentali. E non si capisce, del resto non lo ha spiegato nemmeno lui ai tanti, troppi, giornalisti amici come mai dovrebbe essere nel mirino di chi (la WADA) sull’antidoping campa. Di più: Donati è stato consulente della WADA fino a quando, nel 2015, è iniziata l’operazione di rientro di Schwazer dopo la prima squalifica.

Il DNA delle urine era quello di Schwazer, come è stato accertato (la difesa sosteneva addirittura che non fosse umano) da tutti, mentre la sua concentrazione è stata ritenuta credibile da molti genetisti ma soprattutto dai periti di World Athletics, la federazione internazionale. Il Tribunale di Bolzano coglie invece secondo noi nel segno evidenziando la catena di superficialità, di errori e di omissioni nella gestione e nella conservazione dei campioni di Schwazer: nei vari percorsi può essere successo davvero di tutto, anche senza ipotizzare complotti. Carriere e vite umane sono quindi appese ad un filo e questo è inaccettabile, visti i sacrifici richiesti non soltanto dalla marcia.

Il complotto contro Schwazer, cioè l’unico atleta italiano da medaglia d’oro olimpica o mondiale, è indubbiamente un titolo ad effetto e per ottenere più lettori l’abbiamo fatto anche noi. Però per essere un complotto gli mancano il movente, gli autori e le prove. Non è poco. Detto questo, Schwazer ha ancora qualche speranza di gareggiare alle Olimpiadi di Tokyo, visto che si sta stra-allenando? La strada della giustizia sportiva è già arrivata alla fine, con il TAS di Losanna, anche se ci sono casi gravissimi per cui si può teoricamente fare ricorso. Impossibile la grazia, che non può riguardare casi di doping.

La giustizia extrasportiva consente invece sempre di buttarla in caciara mediatica ed è possibile che Schwazer ricorra alla Corte Europea per i diritti dell’uomo. Se il ricorso gli dicesse bene, aprirebbe la strada a qualunque dopato del mondo. Detto tutto questo, pensiamo che l’antidoping vada abolito o parametrato su valori da non superare (testosterone compreso), non su sostanze che appaiono o scompaiono. Perché non c’è dubbio che Alex Schwazer sia un campione vero. Soltanto è stato meno furbo di altri: il vero complotto è questo.

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