Schwazer Tokyo, missione impossibile

11 Dicembre 2019 di Indiscreto

Alex Schwazer non sarà in gara a Tokyo 2020 così come gran parte degli atleti russi, anche quelli mai risultati dopati (al contrario del marciatore italiano) ma ancora sotto il ‘sistema’ duramente sanzionato lunedì dalla WADA. Colleghiamo queste notizie soltanto per dire l’Agenzia Antidoping può sbagliarsi, ma visto che colpisce senza problemi interi paesi non si capisce perché ce l’abbia in particolare contro Schwazer e il suo allenatore Sandro Donati. E non, per dire, contro l’Italia.

La strategia degli avvocati dell’oro di Pechino 2008 e dello stesso Donati, quella cioè di trasformare in caciara mediatica una ordinaria e triste storia di doping, è stata ieri sgretolata da una doppia sentenza. Quella citata del TAS di Losanna, che ha respinto la richiesta di Schwazer di riprendere ufficialmente gli allenamenti (parentesi: è squalificato fino al 2024, quando avrà 39 anni) perché non risultano prove della manipolazione delle provette denunciata.

E quella della Corte di Appello di Bolzano che ha assolto i medici della FIDAL Fischetto e Fiorella, oltre alla dirigente Bottiglieri, dall’accusa di avere coperto le responsabilità di Schwazer nel caso doping del 2012 (l’attuale squalifica sportiva riguarda invece quello del 2016, essendo stata scontata la precedente).

In altre parole, sia la giustizia sportiva sia quella ordinaria hanno stabilito che quello di Schwazer non è ‘doping di stato’, usiamo questa espressione per semplificare, ma doping di Schwazer. Una dura sconfitta per i media italiani, quasi compattamente dalla parte del campione: un po’ perché credere al complotto piace a tutti noi, un po’ perché di campioni nell’atletica ne abbiamo pochi, un po’ perché Donati ha tanti amici fra i giornalisti e forse anche fra gli editori.

Amicizia che si è conquistato in passato con denunce circostanziate di tante porcherie dello sport italiano, non soltanto riguardanti il doping (si pensi a cosa e chi si mosse dietro il salto truccato di Evangelisti ai Mondiali di Roma 1987), ma che non può degenerare nella difesa di un dopato reo confesso (nel 2012) e poi (2016) recidivo. Aver creduto a Schwazer fa male a noi che l’abbiamo visto dall’esterno, figuriamoci a lui che ci ha investito tutto se stesso. Donati vedeva e vede dopati dappertutto, tranne che in casa sua. Psicologicamente ci può stare, ma è un problema suo.

Storia finita? No. Due mesi fa il gip di Bolzano ha disposto lo screening di tanti atleti, la FIDAL ne ha poi messi a disposizione 56, per dimostrare che le due diverse concentrazioni di DNA fra le provette possono essere frutto soltanto di una manipolazione. Quanto durerà lo screening? Nessuno lo sa. Intanto Schwazer ha dichiarato che continuerà ad allenarsi con vista Tokyo, perché il TAS ha rigettato la sospensiva (della squalifica) urgente e non quella ordinaria.

Usiamo toni soft perché questa storia ha qualcosa di intimamente tragico e non vorremmo finisse ancora peggio, ma è chiaro che Alex Schwazer anche per se stesso esiste soltanto come marciatore. L’ingiustizia di fondo non sembra però tanto contro di lui ma contro l’atletica, visto che non si ha notizia di controlli a sorpresa a calciatori famosi alle 7 del mattino di Capodanno.

Share this article