Come bruciava Baby Johnson

23 Agosto 2010 di Stefano Olivari

di Stefano Olivari
Il meeting di Berlino è uno dei più importanti del mondo, per tradizione ed entusiasmo popolare: 47mila persone paganti per l’atletica, fuori da contesti mondiali o olimpici, sembrano un miracolo. L’edizione di ieri pomeriggio passerà alla storia per l’impresa negli 800 metri di David Rudisha e rimarrà nel nostro cuore per il ritorno ad una grande vittoria di Beppe Gibilisco (coming soon i retroscena del nostro Sam Martin), facendo dimenticare gli inevitabili articoli su Hitler che non volle stringere la mano a Jesse Owens. In realtà l’episodio riguardò un altro nero della squadra americana, il californiano Cornelius Johnson, che nella prima giornata della gare di atletica vinse il salto in alto con il record olimpico di 2,03.
Fino a quel momento il Fuhrer si era congratulato con i vincitori (bianchi) delle altre gare, come si evince anche dalle migliaia di immagini esistenti. Da Johnson in poi decise di non congratularsi più con nessuno, a prescindere dalla razza, quindi nemmeno con Owens. Certamente si trattò di razzismo, visto che quelle dei neri americani furono quasi tutte vittorie annunciate, ma non di un razzismo mirato contro Owens. Che paradossalmente conservò di Hitler un discreto ricordo, sostenendo in alcune interviste di essere stato trattato peggio dai politici statunitensi che da quelli nazisti ed inventandosi anche un cenno di approvazione del Fuhrer nei suoi confronti che nessun altro presente allo stadio aveva notato. Insomma, l’americano che mandò per primo l’atletica di traverso al Fuhrer si chiamava Cornelius Johnson, che quattro anni prima (da studente di high school!) si era classificato quarto a Los Angeles. Ma all’epoca l’Europa non proponeva troppi meeting, così Johnson proseguì la sua esistenza come postino e poi come marinaio prima di morire a 33 anni per una malattia polmonare.
(in esclusiva per Indiscreto)

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