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Pallavolo

Boskovic ed Egonu all’opposto

Alberto Rapuzzi 16/10/2022

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Tramonta il sole sulla lunghissima stagione delle nazionali di volley con la vittoria nel Mondiale femminile da parte dell’imbattuta (12 partite) Serbia in finale contro il Brasile, con un netto 3-0. Una partita dominata in lungo e in largo, impreziosita dal diamante Boskovic (MVP del torneo) e dalla dinamica precisa delle sue compagne, mentre probabilmente le sudamericane avevano speso tutto con Giappone e Italia.

È il trionfo inaspettato di coach Santarelli, a cui spesso veniva rinfacciato che a Conegliano vincesse perché c’era la Egonu e che la sua fosse una pallavolo scolastica,elementare. Non dimentichiamo che da straniero ha ereditato questa nazionale da Zoran Terzic che in 19 anni aveva vinto 19 medaglie e in poco tempo doveva dimostrare il suo valore, considerando anche che la Serbia era campione in carica. Supportato da una parte dello staff di Conegliano, subito ha conquistato la fiducia delle ragazze, ha risparmiato a Boskovic la VNL (la vera mossa vincente, con il senno di poi), richiamato il centrale Stevanovic e consegnato le chiavi della regia a Drča, lavorando al tempo stesso con tutte per crescere  (Buša un esempio) e nascondere i limiti di un gruppo ben diverso da quello campione del mondo nel 2018 in Giappone.

A chi si chiede come una piccola nazione di 6.871.547 (dati 2021) abitanti riesca ad essere così competitiva negli sport di squadra e non soltanto in quelli, risponde un luminare del basket come Boscia Tanjevic, raccontando che là non si può aprire una scuola dell’obbligo senza che ci sia una vera palestra multidisciplinare. Lo sport insieme alle altre materie di studio ha la sua importanza, abituando i bambini a competere e a imparare a fare sport, coltivando poi il loro DNA guerriero e una naturale predisposizione. Del resto soltanto così puoi arrivare davanti a paesi come l’Italia, con il decuplo degli abitanti.

Non ce l’ ha fatta il Brasile dell’immenso Zé Roberto, nonni italiani e albo d’oro da brividi: ex giocatore a Belluno e campione d’Italia con la Scavolini femminile (2008 e2009) fra i mille trofei in verdeoro. Resta il sortilegio mondiale, con la quarta finale persa, mentre invece gli ori olimpici (Pechino e Londra) sono due. Rimane però il grande lavoro svolto, una squadra che persi vari fenomeni (Sheila su tutti) e con ulteriori assenze importanti non aveva credito neppure nel suo paese.

Il Brasile si è però unito e con molto lavoro, spingendo tutti in una sola direzione, è riuscito a crescere nel corso della competizione. Gabi e Carol si sono confermate due fuoriclasse assolute, Gattaz (41 anni) e le seconde linee hanno dato un contributo decisivo. Si sono salvate all’ultimo respiro con il fantastico Giappone nei quarti e poi hanno punito anche noi, con Zé Roberto che non ha esitato a pescare dalla panchina, mescolando le carte, dopo averci studiato per bene. La mano dell’allenatore c’era e si è vista.

Le nostre azzurre alla fine si sono meritate un bronzo dominando gli Usa campioni olimpici, che hanno pagato il vuoto lasciato in un colpo solo da icone come Hill, Bartsch, Larson e Akinradewo. Certo le aspettative erano ben altre, considerando i favorì del pronostico di cui godevano, ma nella semifinale con il Brasile certe mancanze sono emerse. In regia Orro e Malinov non sono garanzie assolute, in banda si soffre a ricevere mentre Egonu non è riuscita a risolvere tutto come ci si aspettava. Coach Mazzanti lascia qualche perplessità, sembra non abbia un piano B quando siamo controvento: nei time out (bastava ascoltarli) sono mancati i suggerimenti di cui le giocatrici necessitavano. E inoltre sono emersi problemi di spogliatoio e di rapporti soprattutto con la privilegiata, almeno così viene considerata da molti (e molte), Egonu.

La campionessa si è guadagnata titoli per il suo sfogo prima della partita con gli Stati Uniti, poi in parte rettificato, senza destinatari precisi: come se qualche razzista da social network fosse più importante delle migliaia di persone reali da lei incontrate nel volley italiano. Una situazione esplosiva, che sarebbe rimasta tale anche mettendo a terra il pallone del terzo set contro il Brasile, che in concreto potrebbe significare un’estate 2023 per ricaricare le batterie e la testa poi alle Olimpiadi di Parigi. Certo il paragone tecnico ed emotivo con la Boskovic è impietoso. I campioni sono pochi, e la Egonu fa senz’altro parte di questa élite, i fuoriclasse pochissimi.

Al di là del bar questo è comunque un gruppo che dal 2018, raccolte le macerie di Rio, ha sempre fatto bene: folli i processi ad Egonu e compagne per un bronzo, mentre nel calcio il secondo fallimento mondiale consecutivo è stato subito archiviato. La qualità c’è, solo che per fare la storia serve qualcosa in più, soprattutto nell’atteggiamento: non vinciamo un Mondiale da vent’anni e ci manca sempre tanto un podio olimpico. Mazzanti rischia? Probabile, anche se nessuno può assicurare medaglie d’oro visto che i valori delle primissime sono abbastanza vicini.

È stato un Mondiale di una durata esagerata (i prossimi forse di nuovo in Giappone), di molte partite senza valore, di palazzetti trasformati in discoteche, ma poi alla fine le grandi giocatrici ci hanno riempito il cuore e i tie break travolto di passione. Resta anche il ricordo di un Giappone meraviglioso perdente e degli abbracci e baci in Mondovisione tra la super Carol e la sua fidanzata Anne Bujis, capitana dell’Olanda, senza nessuna paura di essere felici e di dirlo al mondo. Anche questo vale una medaglia.

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