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Basta con i Gatlin

Carlo Vittori 06/06/2013

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Scrivo questo articolo a poche ore dall’inizio del Golden Gala di Roma, dopo aver letto l’elenco degli iscritti. La presenza di Justin Gatlin nei 100 metri mi fa venire in mente non la sfida con Bolt, ma l’assurdità dell’antidoping attuale. Ingiusto nelle premesse, perchè atleti di paesi diversi corrono rischi diversi (per motivi meramente logistici la Wada ha più libertà di movimento in incognito in Inghilterra che in Giamaica, cito due nazioni a caso) di essere controllati e sanzionati. Ingiusto nelle pene, perché in troppi, dopo una squalifica, tornano a gareggiare rimanendo sugli stessi livelli di prima o addirittura migliorando. Come appunto Gatlin, fermo di fatto per 4 stagioni, che ai Giochi di Londra da trentenne ha stabilito con 9″79 il suo personale sui 100 (medaglia di bronzo, fra l’altro). Come abbiamo detto nei precedenti articoli per Indiscreto, ridurre tutto lo sprint a una questione di muscolatura è sbagliato, ma è vero che a livello muscolare molto di quello (io lo chiamo ‘trofismo proteico’) che è stato costruito nel periodo ‘incriminato’ rimane e può essere riattivato in presenza di varie altre condizioni (fra queste un buon livello di testosterone). Il caso Gatlin e i tanti analoghi, con stop inferiori, minano la credibilità dell’atletica ma la IAAF sostiene che il sistema funzioni. Sarà. La questione antidoping è stata analizzata in mille convegni, ma è in realtà molto semplice. Prima di tutto bisogna rendere uniformi non tanto i controlli, che da un punto di vista tecnico già lo sono, quanto la loro frequenza e imprevedibilità. E poi rivedere il sistema di squalifiche, che così com’è induce troppi atleti a correre il rischio. Una volta risultati positivi a un controllo, la vera squalifica non dovrebbe essere quella totale ma a termine (1, 2 o 4 anni che siano), ma quella dalla propria nazionale a vita. In altre parole, nel 2006 Gatlin avrebbe dovuto perdere per sempre non il diritto di correre, ma quello di vestire la maglia degli Stati Uniti e quindi quello di disputare Mondiali e Giochi Olimpici. Non c’è bisogno di leggi speciali, basta la volontà politica di escludere per sempre chi ha barato. Voglio poi vedere quale meeting di prestigio chiamerebbe gente con il marchio del dopato, anche se formalmente libero di gareggiare. La seconda area di intervento è quella degli sponsor. Le aziende che investono nell’atletica sono poche, quelle ‘tecniche’ pochissime. Per una IAAF motivata sarebbe in teoria facile indurle ad abbandonare (come in parte già accade) o a non riprendere atleti ‘furbi’, legandole quindi a sé nell’ottica di un controllo preventivo. Chiudo con una domanda: a chi fa comodo Gatlin?

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