Albert One e l’era della italo disco

15 Maggio 2020 di Paolo Morati

Albert One

Turbo Diesel è probabilmente il brano più noto di Albert One, il cantante e musicista italiano (vero nome Alberto Carpani), una delle icone della italo disco, scomparso di recente. Siamo nel 1983, quando nelle classifiche italiane ed europee furoreggiavano nomi d’arte esotici ma italiani all’anagrafe come Gazebo, P. Lion, Ryan Paris, capaci di piazzare hit eterne quali I like Chopin, Happy Children e Dolce Vita. Tutti piccoli capolavori entrati nella storia di quel decennio, che mettevano insieme la modernità dei suoni del momento con il gusto melodico italiano.

In tale scenario, la più ‘ruvida’ e spartana Turbo Diesel presentava un testo che, tra la citazione di alcune case automobilistiche e il sogno di diventare un eroe del Grand Prix (metafora del sabato sera?), era sostanzialmente funzionale e di appoggio alla tipica impostazione ritmica dei brani italo disco. Una ricetta che in quegli anni riempie le orecchie dei ragazzi e affolla le radio, e che Albert One aveva già proposto un anno prima con un altro pseudonimo Jock Hattle, inventato da Enrico Ruggeri che amava guardare ad assonanze con parole italiane (in questo caso ‘giocattolo’). Lo stesso Ruggeri capace poi di creare una vera leggenda come Diana Est, della quale scriveremo prossimamente.

Ecco che la italo disco, erede di alcuni progetti nati negli anni Settanta e in taluni casi più prettamente inquadrabili come ‘disco music’, esplodeva a livello paneuropeo come fenomeno proprio all’inizio degli anni Ottanta, e oltre a quelli già citati portava via via sul podio personaggi come Den Harrow (altro nome trovato da Ruggeri, ‘denaro’, e poi prodotto dal duo Roberto Turatti-Miki Chieregato), Joe Yellow (‘gioiello’), Silver Pozzoli, Valerie Dore, Styloo, Miko Mission e altri ancora solo per restare sui volti con carta di identità italiana, tra produzioni più orientate al pop (è il caso dei Novecento guidati dalla voce di Dora Carofiglio, a cominciare da Movin’ on) ed altre che facevano invece propria la lezione elettronica.

Mentre nel contempo alcune produzioni italo disco usavano anche volti e voci straniere o duravano l’attimo di uno one shot, non esisteva di fatto una formula comune per tutti, e la già citata Turbo Diesel non aveva niente a che vedere con, ad esempio, Masterpiece (prima hit di Gazebo), e anche se noi preferiamo chiuderla in una nicchia più ristretta, nella italo disco oggi vengono fatti tranquillamente rientrare anche brani come Self Control di Raf o Easy Lady di Spagna, così come Boys di Sabrina o Vamos a la playa dei Righeira. Fino a Survivor di Mike Francis, così come Diamond dei Via Verdi. Insomma un grande calderone contenente anche più evoluzioni di uno stesso decennio. Poi negli anni Novanta sarebbe arrivata la italo dance. Ma quella è tutta un’altra storia.

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