L’Italia della Sakura e di Franco Baresi

8 Maggio 2015 di Stefano Olivari

Fra i tanti orologi ricevuti in regalo, quasi tutti di valore commerciale vicino allo zero, il più brutto è senza dubbio stato il Sakura Italia, che ci è tornato alla mente durante la discussione riguardante il black bloc con il Rolex. Il Sakura Italia veniva pubblicizzato su varie televisioni locali ma in seguito anche su Telemontecarlo, nella trasmissione (Quasigol) condotta da Luigi Colombo e che fra gli ospiti aveva Brera (poi Enrico Crespi, il decennio dopo nostro compagno di sventura in una tivù di quartiere), Capello, Bulgarelli… Del Sakura, al di là del nome marca italianissima (lo commercializzava una ditta di Milano, oggi fallita, probabilmente veniva prodotto a Taiwan), resterà in eterno lo spot con protagonista Franco Baresi, che abbiamo ritrovato a questo linkNon soltanto per i suoi aspetti trash, ci vengono in mente mille esempi peggiori, ma per il candore e l’ingenuità di un’Italia non preistorica (eravamo nel 1983), dove gli uomini non si depilavano (il petto del campione del Milan lo testimoniava) e che poteva ritenere accattivante per un ragazzo lo slogan ‘È anche da passeggio’. Da passeggio! Chi mai, sotto i 90 anni, direbbe oggi una frase del genere? Da notare comunque la maglia della nazionale fresca campione del mondo che nello scudetto invece di ‘Italia’ aveva scritto ‘Sakura’. Non giureremmo sul fatto che fossero stati pagati diritti alla FIGC di Sordillo… Di ultraculto la sceneggiatura: una maglietta simile all’originale che in teoria doveva costare più dell’orologio (29.900 lire) ma che invece veniva ‘venduta’ come regalo, i bambini all’inizio (due erano figli di dirigenti della Sakura, li conoscemmo al mare a Pugnochiuso), la camminata di Baresi abbracciato a una ragazza in maglietta senza reggiseno (con il suo perché, va detto) in una pseudo-campagna. Camminata che termina in maniera assolutamente folle di fronte a un gruppo di simil-giovani che è un misto fra ex figli dei fiori, paninari e sfigati allucinanti (allora chi girava per strada con una maglietta da calcio veniva giustamente preso per tale, altro che la terza maglia ufficiale come in Premier League che ora mettono orgogliosi anche i cinquantenni). Cosa dire? Ringraziamo il cielo di non avere mai posseduto il modello Fuego, con accendino incorporato, ma anche di avere vissuto da giovani follower l’età dell’oro della civiltà occidentale. L’Italia della Sakura e di Franco Baresi aveva i suoi difetti, ma sapeva guardare avanti. Mai un giornalista, o presunto tale, di quell’epoca avrebbe scritto un articolo nostalgico su un orologio orrendo del 1953.

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