Anni Ottanta
La nevicata del 1985
Indiscreto 14/01/2025

Non c’è più la neve di una volta, niente è più come una volta. Di sicuro non abbiamo più visto a Milano e nel Nord Italia, parlando di pianura, una neve come quella che iniziò a cadere il 13 gennaio del 1985, quarant’anni fa, e che per almeno quattro giorni paralizzò tutto fra auto che non riuscivano a percorrere nemmeno 100 metri, scuole chiuse, carri armati usati per spazzare le strade, danni di vario tipo come il crollo del tetto del Palazzo dello Sport di San Siro (storia tecnicamente complessa, di cui ancora si discute al bar dell’ingegneria, ma politicamente chiara per quanto riguarda la mancata ricostruzione) e quello meno ricordato di una parte del Vigorelli, che però in qualche modo sarebbe stato ristrutturato a differenza dell’impianto dove da poco aveva iniziato a esibirsi Joe Barry Carroll.
A proposito del defunuto Palazzo dello Sport, non arrivato ai 10 anni di vita, ci piace ricordare di essere stati fra i pochi presenti a Simac-Stade Français di Coppa Korac, il 15 gennaio, in piena nevicata, era un martedì e riuscimmo ad arrivare in tempo andandoci a piedi, 20 minuti da casa nostra. Non andò così per gran parte dei giocatori di Milano, come raccontato anche dal compianto Franco Casalini nel libro da noi prodotto tanti anni fa, quasi nessuno residente nei dintorni, al punto che pochi minuti prima del fischio d’inizio la squadra di Peterson aveva negli spogliatoi soltanto quattro giocatori e fu letteralmente salvata dalla squalifica (poi quella Korac l’avrebbe vinta in finale su Varese) da Mario Pettorossi, anche lui arrivato a piedi nella tormenta come i pochi spettatori, ma con il borsone in spalla. Pettorossi di cui abbiamo parlato la scorsa estate in quanto padre del velocista Diego, una delle più belle storie olimpiche italiane a Parigi (dopo la divina Claudia Mancinelli, ovviamente).
L’ultimo grande sportivo a entrare nel palasport di San Siro non fu però D’Antoni o Dubuisson, ma Karl-Heinz Rummenigge, perché il giorno dopo la Korac l’Inter di Castagner impossibilitata ad allenarsi alla Pinetina chiese il permesso di andare lì e di fare una partitella sul campo da basket non ancora smontato: in quel caso non c’eravamo, ma abbiamo visto le foto. Di sicuro le ultime da vivo dai un posto in cui abbiamo visto letteralmente di tutto: da Doctor J ai balli dell’Armata Rossa (quelli ce li avevano imposti), dagli Europei indoor di atletica a McEnroe-Borg…
Perché la nevicata del 1985 è rimasta nell’immaginario collettivo ed è citata anche da chi non era ancora nato? Noi andavamo in quarta liceo e fummo felici di rimanere qualche giorno a casa… Ci abbiamo pensato durante il lockdown, osservando tante persone quasi felici di fermarsi o comunque di vivere un tempo sospeso, pur senza arrivare al punto (di non ritorno) di cantare Bella Ciao sul terrazzo fra una serie Netflix e l’altra. Forse davvero ci vuole un evento eccezionale, almeno per l’Italia perché uno di Toronto in quei giorni sarebbe andato in giro per Milano in ciabatte, per fermare la routine quotidiana. Non diciamo per riflettere, perché se no dovremmo spararci. Nel 1985 questa situazione durò una settimana e in realtà furono poche le attività a fermarsi davvero completamente. Addirittura il 16 gennaio a Torino si riuscì a giocare Juventus-Liverpool di Supercoppa, la grande notte di Boniek dopo una giornata passata a spalare il Comunale (il meraviglioso mondo senza i naming rights e lo scudetto dei bilanci). Insomma, nessuna tragedia ma ragazzi che giravano con i terrificanti Moon Boot dell’epoca giocando a palle di neve, purissimo spirito anni Ottanta.
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