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Vite ultrapiatte

Stefano Olivari 28/08/2009

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La fame nel mondo è un problema più importante, però è da qualche giorno che noi smadonniamo per la scelta di Sky Sport di passare al formato 16:9 per tutte le sue trasmissioni, dal calcio ai tg. Ci voleva l’inizio del campionato di calcio per far scattare l’indignazione della maggioranza silenziosa, l’Italia che si autotassa di 70 euro al mese per poter vedere in pace quelle tre o quattro cose che le interessano in mezzo ad un mare di vuota inutilità. Al di là della nostra sociologia alberoniana (l’ultimo pezzo del maestro è sull’utilità per la coppia di conservare le amicizie), questa scelta evidenzia l’idea abbastanza classista che Sky ha del suo pubblico. La famosa famiglia di ceto medio tendente (nella fantasia) all’alto, mito di ogni venditore cialtrone di pubblicità: stando ai centri media ed alla fandonie che raccontano ai big spender (almeno loro produttori di beni concreti), in Italia queste famiglie dovrebbero essere circa 400 milioni. Altrimenti non si spiegherebbe la presenza in edicola di 400 riviste di viaggi, 350 di lusso, 200 di auto ed addirittura più magazine di golf che di calcio…Tornando a Sky, il simpatico monopolista così caro ai grandi quotidiani affamati di pubblicità è fermamente convinto che chi spende 70 euro al mese per la tivù non possa non spendere un migliaio di euro per cambiare televisore e passare al 16:9 ultrapiatto Full HD eccetera (manca il commovente ’99 canà’ degli strepitosi televenditori anni Ottanta, con montone e stereo Rossini Hi-fi in omaggio: se la memoria non ci inganna Joe Denti era fra questi eroi dell’etere). Peccato che nel presente la maggioranza abbia ancora televisori del vecchio formato. Siamo quindi al consumatore che si sente sempre inadeguato ed invidioso del prodotto del vicino, il famoso effetto Veblen. Non c’è nessun complotto delle multinazionali o dei servizi deviati, ma solo un’idea classista del proprio pubblico che si evince anche dalle pubblicità. Classista, ma anche sbagliata.

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