Vincere in salita

14 Maggio 2023 di Stefano Olivari

Impossibile spiegare cosa sia stato Alberto Tomba a chi non lo ha vissuto in diretta. Non ci è riuscito nemmeno Vincere in salita, il documentario di Tommaso Deboni che da qualche giorno è su Netflix e che abbiamo visto emozionandoci dalla prima all’ultima scena. Perché Vincere in salita trascura quasi totalmente il Tomba extra-sci, ma ricostruisce molto bene la parte sportiva e mediatica di quelle 12 stagioni incredibili, con la gente che si portava il televisorino in ufficio e alcuni insegnanti che consentivano di spostare l’intervallo per farlo coincidere con la prima manche. Cose che accadono quando uno sportivo diventa più importante del proprio sport.

Dal parallelo del Natale 1984 alla Montagnetta di San Siro battendo Erlacher al bronzo al Mondiale 1987 fino allo slalom di Crans Montana 1998 quello di Alberto Tomba è stato il nome più pop d’Italia, personaggio ideologicamente e splendidamente anni Ottanta (è nato nel 1966) anche se la maggior parte dei suoi successi, fra cui l’agognata Coppa del Mondo assoluta, sono arrivati nei Novanta. In Vincere in salita insieme al racconto, autocelebrativo il giusto, del Tomba odierno, si fa largo uso delle telecronache Rai dell’epoca e quindi purtroppo molte di Furio Focolari. Ma giustamente l’unico giornalista, ormai ex visto che da un ventennio fa soltanto l’avvocato, intervistato è Bruno Gattai, che a a TMC univa supercompenza a capacità di emozionare.  Scelta significativa, essendo il documentario coprodotto dalla Rai (infatti è già passato anche su Rai 3).

Con la fine della carriera di Tomba è di fatto scomparso, dai teleschermi, anche Gattai, oltre a milioni di telespettatori generalisti. Anche se poi lo sci azzurro ha continuato a proporre campioni, molti dei quali anche a proprio agio davanti alle telecamere, su tutti Sofia Goggia. È quindi chiaro che nemmeno nello sci vincere è l’unica cosa che conta, anche se il mito di Tomba è stato alimentato dalle vittorie e non soltanto dal suo essere cittadino in un mondo di montanari, dalle sue ambizioni dichiarate in un mondo di finti preti, dal suo allenarsi relativamente poco (mai più di due ore al giorno) in un mondo dove vige la retorica del sacrificio, dal suo sorridere e non per finta in situazioni in cui chiunque viene divorato dalla tensione.

Un bel documentario, che mostra momenti davvero storici come il Festival Di Sanremo 1988 in cui Miguel Bosé e Gabriella Carlucci interrompono la serata per lo slalom olimpico di Tomba a Calgary e dove alcuni grandi ex come Girardelli e la Compagnoni dicono cose molto intelligenti. Con tante domande senza risposta. Perché Tomba si è ritirato così presto? Non in relazione alla sua epoca, perché 32 anni erano nel 1998 tanti, ma alla sua voglia di continuare (lo fa capire anche la mamma Maria Grazia). Cosa ha fatto Tomba negli ultimi 25 anni? Senza andare sulla scontata citazione “Sono andato a letto presto“, sarebbe stata bella una sua risposta come quella che ebbe il coraggio di dare Miguel Indurain: niente. Perché come uomo-immagine, quindi non  si parla nemmeno di competenze, è sotto-utilizzato dallo sport italiano?

Su tutto c’è il fatto che il Tomba che si avvicina ai 60 anni lo sentiamo uno di noi come il Tomba di 20, un ragazzone nato apparentemente senza problemi e che anche se li avesse (e ne avrà di sicuro, come tutti, magari non finanziari ma ne avrà) non si metterebbe mai ad ammorbare gli altri con racconti tristi, per cercare compassione. Un giovane nato ricco e che lo è diventato ancora di più, che ha visto volare via la vita rimanendo giovane, almeno ai nostri occhi. Va precisato che il titolo Vincere in salita non si riferisce ad un’adolescenza disagiata, vera o presunta, ma al nuovo rapporto che Tomba ha con la montagna e quindi con la vita: non più velocità e competizione, ma fatica e riflessione. Una persona che lontana dai riflettori, e possiamo portare qualche testimonianza personale, è sempre stata molto educata, anche con i tanti seccatori e anche nei suoi giorni di gloria. Tomba ci commuove e non sappiamo perché.

stefano@indiscreto.net 

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