Tsipras o Draghi?

5 Febbraio 2015 di Stefano Olivari

I media italiani, quasi tutti europeisti e dediti al calcolo del decimale di sforamento nel nostro rapporto deficit-PIL, si sono entusiasmati per la vittoria elettorale di Alexis Tsipras in Grecia: cioè di un partito anti-Europa, sia pure da sinistra, come Syriza, alleato con un partito di centro-destra e a dir poco euroscettico come l’Anel di Panos Kammenos. Noi del bar dell’economia non sappiamo in sostanza niente, però leggiamo le notizie e gli scenari di Bloomberg, che scrive che in assenza di una nuova linea di credito il giorno 25 marzo 2015 la Grecia non potrà far fronte ai suoi impegni finanziari. Non tanto con le cattive banche internazionali o i cattivissimi tedeschi, ma proprio con i suoi dipendenti e i suoi pensionati. Un annuncio di sventura ispirato dalla decisione della BCE, presieduta da Mario Draghi, di togliere alle banche greche l’accesso alle aste di liquidità, che traducendo significa che le banche greche non potranno più contare su liquidità immediata mettendo a garanzia titoli di stato, ovviamente si parla di titoli di Stato greci. Situazione che rappresentava comunque una deroga, in essere dal 2010, e che ha dato agli statali greci 5 anni di vita supplementare basati sul nulla. A questo punto la BCE dopo anni di promesse disattese sembra intransigente: nel caso Tsipras non presenti un programma concreto di taglio della spesa pubblica, a fine marzo game over. Il che non significa automaticamente milioni di greci alla fame, in teoria, visto che fuori dall’Europa qualche prestatore interessato (Russia, Cina, o anche peggio) potrebbe tirare ancora un po’ più in lungo l’agonia delle finanze greche. Di più: nessuno dei ministri economici di Tsipras, Stathakis e Varoufakis, almeno stando alle dichiarazioni, vuole uscire dall’Europa e quindi è possibile che il segnale di buona volontà greca ci sia, scongiurando l’apocalisse.  Il nostro ‘Di qua o di là’ non è stavolta di pelle, perché è difficile essere tifosi sia di debitori cialtroni (l’Italia almeno non ha truccato i suoi conti a livello statale, pur sottostimando il possibile default di regioni e province) che di una BCE severa in maniera selettiva (ci riferiamo al caso francese). La domanda è la seguente: secondo voi l’Unione Europea trarrebbe maggiori benefici dalla permanenza al suo interno della Grecia, a qualsiasi costo, o dal rigore della BCE?

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