The Goldin touch: il re dei memorabilia

25 Maggio 2023 di Stefano Olivari

Non siamo riusciti a staccarci fino alla fine dai 6 brevi episodi di The Goldin touch: il re dei memorabilia, la serie Netflix dedicata a Ken Goldin, uno dei più famosi imprenditori del settore, proprietario di una casa d’aste online centrata sullo sport ma aperta anche ad altri settori. L’importante è che ci sia un pubblico di nostalgici e/o di collezionisti, nessun oggetto è ritenuto in partenza impossibile da piazzare anche se davanti ad un piccolo asciugamano forse usato da Michael Jackson in un albergo di Varsavia, certificato dalla lettera di un cameriere, anche la Goldin Auctions si è arresa.

Per quanto riguarda lo sport i soldi veri vengono fatti non tanto su maglie, scarpe o oggetti personali dei campioni, ma sulle trading card ed anche su semplici figurine rare. Pregiatissimi i pacchetti chiusi ed ancor di più le scatole d’epoca intonse, con VIP e sconosciuti disposti a follie per pezzi come ad esempio la LeBron James Triple Logoman, valutata 2,5 milioni di dollari. Nella sua carriera Goldin ha venduto pezzi per 1,3 miliardi di dollari e visto che la commissione è mediamente del 20% i conti di quanto abbia guadagnato sono presto fatti. Certo ci sono anche grandi costi per le perizie e per convincere alcuni collezionisti a mettere all’asta i propri pezzi.

In King of collectibles: the Goldin touch ci ha fatto impressione vedere la collezione personale di Karl Malone, con tutte e 12 le maglie originali del Dream Team, ma anche la passione di tanti ex campioni e icone pop, da Peyton Manning a Ric Flair a Drake. Come osserva lo stesso Goldin, al di là di chi compra come investimento sperando di guadagnarci, la base del collezionismo è il desiderio di sentirsi in qualche modo vicini a un personaggio o ad un’epoca, per questo non esiste una valutazione ‘giusta’ ma soltanto il prezzo che qualcuno è disposto a pagare: come per le opere d’arte, il biglietto di una partita, una casa. Non a caso molte trattative riguardanti pezzi particolari sono private, non passano attraverso l’asta.

In concreto tutto gira intorno a tre elementi, più volte ricordati da Goldin: “Competition, Ego, Money“. Abbiamo sempre amato la facilità con cui gli americani di ogni ceto sociale parlano di soldi, senza vergognarsi di dare (giustamente) un prezzo e quindi un valore al proprio tempo ed ai propri beni. Atteggiamento ben diverso da quello europeo, anche senza tirare in ballo il solito cattocomunismo, visto che da noi il collezionista, che si occupi di Van Gogh o di palloni autografati da Krunic, è di solito considerato una specie di maniaco.

Certo possono sembrare assurde le valutazioni raggiunte dalle figurine dei Pokemon o dagli sconosciuti, almeno da noi, Beanie Babies: in pratica pupazzetti, anche abbastanza brutti, di animali che negli Stati Uniti divennero popolarissimi a metà degli anni Novanta, ma con alcuni più rari di altri. Ma sarebbe sbagliato pensare che tutto questo mondo sia uno schiaffo alla miseria, perché anzi una figurina da mezzo milione di dollari può cambiare la vita di una famiglia povera che la ritrova in un cassetto dopo vent’anni. In fondo a comprare sono soltanto investitori o ricchi, e sono loro che pagano la commissione per Goldin e i suoi collaboratori, fra i quali spicca la bellissima Alex Giaimo, ex giornalista sportiva e responsabile dei contenuti.

Goldin vuole allargarsi anche al calcio, come collezionismo decisamente meno USA-centrico e più tradizionale, cioè con grande enfasi sulle maglie, anche se stanno crescendo molto le figurine. Il nostro pensiero italianissimo è che tanti giocatori sconosciuti ai più, mettiamo un ipotetico Gagliardini che scambia la maglia con Haaland, per non dire di massaggiatori e magazzinieri, con un minimo di mentalità imprenditoriale potrebbero fare soldi clamorosi almeno fino a quando i campioni non li vorranno fare loro direttamente. La collezione personale di Spalletti, più volte fotografata, potrebbe essere la base della seconda stagione di una docuserie in grado di emozionare chiunque in vita sua abbia collezionato qualcosa. Senza andare troppo lontani, i primi numeri di Tex sono la cosa più preziosa che abbiamo in casa.

La nuova frontiera, come si nota anche in un episodio di The Goldin Touch, quello su un signore che ha tutti i prodotti Apple (alcuni sigillati!) dal 1976 ad oggi, è il collezionismo tecnologico, non fosse altro che perché c’è un pubblico relativamente giovane. Ma non bisogna illudersi di fare i soldi con il Commodore 64 che tutti abbiamo in soffitta: servono pezzi unici, con una peculiarità anche soltanto riguardante i proprietari precedenti (i collezionisti di orologi danno importanza anche a questo), che per un qualsiasi motivo rappresentino un oggetto del desiderio. Anche se il desiderio è poi uno solo: fermare il tempo.

stefano@indiscreto.net

Share this article