The Crown 4, la caricatura della Thatcher

30 Novembre 2020 di Stefano Olivari

La quarta stagione di The Crown, da noi appena terminata di guardare su Netflix, è stata la più discussa di tutte e non sarebbe potuto essere altrimenti visto che con la narrazione delle vicende della famiglia reale britannica si arriva fino all’inizio degli anni Novanta. Molti telespettatori di The Crown erano infatti già vivi nell’età dell’oro di Lady Diana, nel paese governato da Margaret Thatcher e con regina ovviamente sempre Elisabetta: impossibile quindi separare la fiction dalla realtà e dalle opinioni. Perché se la stagione è stilisticamente perfetta, come le precedenti tre, la storia in sé stessa fa acqua da molte parti, a partire da una rappresentazione caricaturale della Thatcher.

Una donna, il premier britannico dal 1979 al 1990 in The Crown interpretato da Gillian Anderson come l’avrebbe potuta interpretare Paola Cortellesi, che tutto è stata tranne che una caricatura: per gli amici e soprattutto per i nemici. In The Crown, al di là dell’attrice, viene rappresentata come una specie di dittatrice permalosa e senza scrupoli, quando invece il suo consenso era altissimo (vinse tre elezioni su tre, di cui due quando era già capo del governo) anche presso i ceti popolari e la piccola borghesia da cui lei stessa oltretutto proveniva, cosa tuttora rarissima per un politico britannico di primo piano. Nella fiction invece centrati il suo antieuropeismo, che nella società britannica non era certo una sua invenzione e che del resto è arrivato fino a Boris Johnson, e l’ostilità umana, al confine della misoginia, degli altri dirigenti dei Tories, che viene riconosciuta nel finale anche da una Regina mai stata sua sostenitrice.

Nella quarta stagione di The Crown la Regina (di nuovo Olivia Colman, come nella terza) è sì protagonista, ma in pratica spettatrice dell’inconsistenza di quasi tutta la sua famiglia, con l’eccezione del concreto marito Filippo. Dal racconto di Peter Morgan esce malissimo Carlo, descritto come una specie di mostro perché osava non amare Diana, quando la mostruosità è che ancora nel 1981 ci fossero matrimoni combinati. Certo Netflix sa benissimo che noi devoti di Lady Diana siamo molti di più di quelli di Carlo e Camilla, ammesso che esistano, e che abbiamo trasportato questa devozione verso William e Kate, ma anche questa parte di The Crown ci è sembrata tagliata con l’accetta. Rimane indubbio che Diana avesse un carisma naturale e una voglia di consenso che la rendeva perfetta fra la gente di Harlem e a una prima del Covent Garden, abbracciando un lebbroso e a una sfilata di moda, non a caso aveva superato il temibile test di Balmoral (in fondo, pur in case più piccole, non molto diverso da un superclassico suocera-nuora). Anche senza amore lei ci regalava la favola, sarebbe stata una regina fantastica anche se forse non sarebbe mai diventata regina, vista la longevità (94 anni) di Elisabetta II.

Sconfitto nella realtà, vilipeso nella fiction (che lo dipinge anche inutilmente cattivo con i fratelli, cosa che forse è vera visto quanto Andrea lo detesti), nella sua negatività Carlo comunque si prende la scena (attore Josh O’Connor) almeno in The Crown anche se ne avrebbe fatto volentieri a meno. La domanda che aleggia per tutti i dieci episodi è chiara: se questo è il futuro re, la monarchia potrà sopravvivere ad Elisabetta? Forse sì, se troverà qualche escamotage per saltare una generazione. E del resto noi due anni fa a Londra, per ingannare l’attesa di Tottenham-Inter, abbiamo comprato i biscotti, molto simili come gusto ai celeberrimi scozzesi Walkers, con la scatola raffigurante William e Kate.

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