Di qua o di là

TFR in busta paga?

Stefano Olivari 16/10/2014

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Il TFR è un argomento di cui parliamo spesso da spettatori disinteressati, ma se fossimo lavoratori dipendenti ci chiederemmo (in maniera retorica, visto che certi articoli dei grandi giornali in crisi di vendite sembrano ‘redazionali’ pagati da banche e assicurazioni) come mai sui media ci sia un quasi unanime scetticismo sul progetto renziano, contenuto nella Manovra 2015, di distribuire parte del Trattamento di Fine Rapporto in busta paga, dietro esplicita richiesta del lavoratore. Può non essere una mossa decisiva per aumentare i consumi, così come non lo sono stati gli 80 euro, ma di sicuro avere più soldi da spendere nell’immediato aiuta le persone e le famiglie senza gravare sui conti dello Stato (che anzi guadagnerà dalla tassazione, a seconda delle aliquote personali).

Non è indubbiamente una bella notizia per le imprese al di sotto dei 50 dipendenti, il cui TFR non viene gestito dall’INPS, ma bisogna sempre ricordare che si tratta di soldi che in ogni caso spettano al lavoratore a prescindere dall’assurdità stessa del TFR (la logica dice che sarebbe meglio pagare le persone il 10% in più, invece che appesantire l’amministrazione privata e pubblica). Se poi uno con questi soldi in più vuole crearsi una pensione privata (avendo sempre quella di INPS o di chi per esso, beninteso), come del resto è possibile già adesso, piuttosto che spenderli in coca e mignotte, questo rientra nel campo delle libere scelte. Perché il problema è proprio di libertà. In altre parole il cittadino viene da sempre considerato strutturalmente un cretino, incapace di amministrare i propri soldi. Così in pratica lo si obbliga a darli, questi soldi, a chi spesso li gestisce peggio di lui.

Da questa concezione del cittadino come suddito ignorante nascono il datore di lavoro sostituto di imposta, i contributi previdenziali versati direttamente agli enti di riferimento e tanti altri trucchetti per far rientrare in possesso dei soldi il più tardi possibile. La stessa previdenza complementare in pratica imposta rientra in questa casistica. Però forse con questa storia della libertà siamo un po’ fissati (di sicuro non è il primo pensiero di Renzi, non essendo la libertà carne da annuncio), alla fine il paese reale non sa la differenza fra un’azione e un’obbligazione e quindi il ‘Di qua o di là’ di oggi si presenta quanto mai incerto: TFR in busta paga o gestito dall’azienda? Si prega di dare una risposta ideologica, svincolata dagli interessi personali.

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