Tel Aviv nel mese sbagliato

23 Agosto 2017 di Duccio De Santis

Da poco rientrati, io e l’amico Fabio, da un viaggio in Israele, il Direttore mi ha chiesto di evidenziarne alcuni elementi utili a esclusivo vantaggio dell’Uomo Indiscreto. Uno che in teoria è sicuro di sé e non fallisce mai i propri obiettivi, ma che ormai è privo della stella polare di Erminio Ottone, il quale oltre a pubblicare sorprendentemente foto di delfini ci risulta, grazie a Non è da Inter, abbia annunciato il suo matrimonio (attendo ufficializzazione: in tal caso per tutto l’anno in Corso Sempione verranno distribuiti solo drink a mezza cannuccia e al Jazz Café verrà osservato un minuto di silenzio prima di ogni happy hour). Ma se Erminio ha un glorioso passato, Israele ha anche un presente assolutamente da vivere. Il primo consiglio è quello di organizzare un viaggio del genere fuori dal periodo estivo, per lo meno non ad agosto, dato il caldo opprimente che rischia di compromettere le necessarie capacità fisiche e anche di programmare una semplice camminata. Probabilmente maggio o ottobre potrebbero essere il giusto compromesso, oltretutto con una sensibile riduzione dei costi. Però spesso non c’è scelta e agosto è l’unica opzione. Tante le cose da dire, abbiamo provato sintetizzarle grazie al caro vecchio alfabeto.

A come Arte Moderna – L’unico momento puramente culturale del viaggio è consistito nella visita al Museo di Arte Moderna, abbastanza vicino al nostro appartamento e quindi meritevole di un passaggio. Oltretutto l’imponente struttura costituisce un punto di riferimento assoluto, ospitando anche altre iniziative culturali (ha sede lì anche l’Opera di Tel Aviv). La qualità artistica locale risulta scadente, almeno rispetto ad una qualsiasi mostra locale italiana, ma sono state interessanti l’esposizione di una serie di polaroid di Warhol, già ammirata a Palazzo Reale, e la mostra di uno studio di architettura specializzato in ricostruzioni post-sisma. Interessante anche la citazione come best practice di un loro studio effettuato a L’Aquila con menzione per la Protezione Civile anche in un film dedicato. Avrei gradito aprire un dibattito stile “La Gabbia” dopo un rapido aggiornamento sulle ultime vicende processuali (Grandi Rischi, Bertolaso, Salaria Sport Village, ecc), ma non c’erano interlocutori populisti come noi. Tornando all’arte moderna, il concetto ritorna in diversi negozi nelle principali vie cittadine, in particolare uno molto carino in Dizengoff street, dedicato al Bauhaus che è centrale nello sviluppo della città, per la presenza di molti edifici costruiti in questo stile.

B come Bocca Bocca – Avendo incontrato pochissimi connazionali nel viaggio, con sorpresa l’ultimo giorno ci siamo imbattuti in un romano (Enzo) che aveva da poco aperto un chiosco nei pressi del mercato. Il locale è immediatamente riconoscibile da una bandiera 2×2 celebrante lo scudetto 2001 della Roma. Persona estremamente affabile e con stile romano doc, oltre ad essersi occupato per anni di import-export, risulta essere stato sia arbitro che ex-giocatore di basket (ha detto di aver giocato nelle giovanili dell’immancabile Banco di Roma) oltre che presidente del locale Roma Club. Questa è la prova che riusciamo ancora ad esportare personalità multitasking, attenti allo sport e imprenditori, assolutamente genuine. Il posto, dal curioso nome Bocca Bocca (sarà sicuramente il risultato di una attenta indagine di mercato), è assolutamente consigliato: cucina romana rivisitata in chiave ebraica con 4 piatti fissi e uno a rotazione: roast-beef, polpette al ragù e altre squisitezze tutte affogate nella tipica pita. Il plus sono gli ingredienti: pasta Barilla e polpa Mutti si pongono immediatamente al top sia della qualità sia del livello di conservazione e HACCP nell’intera città.

C come Controlli e Cani – In città clima assolutamente tranquillo e pacifico. Nessuna “ronda” di memoria leghista o presenza di pattuglie fisse in luoghi trafficati. All’aeroporto invece confermati tutti i timori della vigilia con controlli di durata variabile ma comunque approfonditi e domande crescenti a seconda del numero di timbri sul passaporto. Qualche presenza in più solo sul lungomare e a questo proposito ci è stata comunicata da alcuni locali una assoluta rigidità per l’uso dei cani, con multe salatissime, circa 130 euro, per l’uso improprio del guinzaglio con il cane a distanza, seppur a spiaggia deserta.

D come Disponibilità – Tutti quelli con chi siamo entrati in contatto per avere chiarimenti o sapere qualcosa in più rispetto al classico indirizzo hanno mostrato sempre massima apertura e disponibilità verso di noi. Non sono mancate in spiaggia offerte di cibo, frutta, consigli approfonditi e perfino passaggi in auto. Gli italiani sono generalmente ben considerati dalla popolazione, evidentemente non temono per il momento l’effetto devastazione tipo Formentera.

E come English – Più volte ci saremmo rivolti volentieri con un “Your English is very good” scimmiottando George W. Bush con Berlusconi dopo il suo leggendario “nos only”. Di sicuro non siamo madrelingua inglesi ma davvero possiamo dire che l’inglese è generalmente parlato da molti, neanche tutti, ma abbastanza male. Oltretutto spesso veniva chiesto l’intervento di qualcuno che potesse comunicare con noi perché il primo interlocutore (non un uomo della strada, ma quasi sempre il gestore di un locale nelle vie principali) non era in grado di esprimersi.

F come Free Tel Aviv – Ovvero la rete wi-fi gratuita del comune che era disponibile praticamente ovunque. Non un’esclusiva mondiale di Tel Aviv, il wi-fi gratuito, ma comunque una costante certezza. In ogni caso, sia al chiuso che in luoghi aperti, è risultato davvero difficile avere zone non coperte da questa rete o da altre gestite da locali o negozi, ma cmq gratuite e ogni tanto anche senza il bisogno di password.

G come Garden Secret – Locale molto carino, inserito all’interno di un parco con altri locali e ristoranti e ben frequentato, posizionato in zona periferica. È diventato la meta preferita dei giorni centrali della vacanza, in cui abbiamo toccato con mano la vera night life. Molto frequentato soprattutto da russi e francesi, che sono risultati in assoluto gli stranieri con la maggiore presenza in città. Prezzi di livello europeo e oltre con ingresso a 50 ILS (circa 12 euro) e altrettanto per un drink.

H come Hummus – Una delle specialità locali insieme al falafel. Cibo locale ottimo, soprattutto nel ristorante Falafel Hakosem. Abbiamo testato sia l’hummus che polpette di falafel, shawarma (una specie di carne locale, simile al kebab) e schnitzel. Uso costante del pane ma sempre di qualità davvero ottima e anche le varie salse spicy risultano gradevoli se in quantità moderata. Prezzo abbordabilissimo (un pasto completo intorno ai 10 euro) e da consigliare a chiunque per la massima varietà di ingredienti. Ottima schnitzel anche nel locale di fronte, chiamato The Streets, in cui abbiamo finalmente potuto provare un caffè espresso di livello ottimo.

I come Igiene – Una delle delusioni assolute. L’idea iniziale era di un livello per lo meno decente su cui poter contare, almeno per quanto riguarda la pulizia delle strade. Invece, complici anche i frequenti cantieri che caratterizzano la città, appena usciti dalle poche vie principali si nota una grande trascuratezza sia per quanto concerne la raccolta della spazzatura sia per strade e marciapiedi. L’unico esempio di differenziata riguarda la plastica, raccolta in gigantesche gabbie di ferro lungo i marciapiedi, mentre i cassonetti non offrono alcun tipo di divisione, quindi tutto finisce insieme, mentre anche la pulizia di vialetti e strade interne, riteniamo gestita da proprietari o condomini, è davvero lasciata al caso.

J come Jaffa – Jaffa è un piccolo centro limitrofo a Tel Aviv, che è costituito da una parte antica in alto, con vecchie mura e costruzioni tipiche, con vista mozzafiato sullo skyline e il lungomare di Tel Aviv e una parte più moderna nella zona vicino al mare con le nuove abitazioni e il porto. La particolarità del posto è la coabitazione di tre differenti religioni (Cristiani-ortodossi, musulmani e ebraici) ciascuna con il proprio luogo di culto abbastanza vicino all’altro e ben visibile. Non abbiamo approfondito più di tanto il tema per paura di scivolare immediatamente in una discussione da cui saremmo usciti sicuramente perdenti (Nella foto uno scorcio della città vecchia di Jaffa e un gatto locale, molto appassionato alle vicende mediorientali, che ha proposto uno scambio culturale con Biro).

K come Kippah – Ovvero il copricapo tradizionale che è diffuso ma solo in una parte minoritaria della popolazione. Questo può essere legato, ma è solo un’impressione, alla dimensione più internazionale della città e non essendo stati a Gerusalemme non abbiamo un’idea più completa. Obbligatorio per l’ingresso nella Grande Sinagoga, luogo gestito da una specie di factotum all’ingresso ma senza approfonditi controlli (nessun metal detector o polizia nei pressi).

 L come Locali (Beit Maariv, M25, French57, Prince) – Nelle nostre scorribande notturne abbiamo testato alcuni locali per aperitivo/cena e notturni. Il Beit Maariv è una discoteca al chiuso, assolutamente moderna e comparabile con i nostri standard per livello estetico degli interni e musica. Qui abbiamo notato per l’unica volta una chiusura da parte degli israeliani nei nostri confronti, sembrava che ogni gruppo di persone fosse molto coeso e non volesse esporsi verso persone nuove. Oltretutto l’uso del fumo libero da parte di tutti all’interno ha reso dopo un paio di ore l’aria irrespirabile e ci ha costretto ad andare via per poter tenere gli occhi aperti (in quel momento abbiamo pensato: grazie Sirchia). L’M25 è un ristorante di carne, una ex macelleria dove, a prezzi da ristorante di buon livello italiano, 50/60€ a testa, abbiamo mangiato ottima carne di vitello con tagli di ogni tipo, che possono essere scelti al banco e che può vantare anche la benedizione del buon Cecchini di Panzano in Chianti, che ci hanno detto essere passato da qui per testare subito la qualità della merce locale (d’altronde il buon imprenditore misura sempre la concorrenza, anche in vacanza). French57 è un locale chiuso dedicato esclusivamente agli alcolici, con una selezione molto importante di whisky e bevande e livello molto alto sia della varietà e qualità dei drink. Prince è una terrazza aperta con una piccola parte al chiuso con ottima vista e ideale per gruppi numerosi.

M come Monopattino elettrico – Il mezzo di trasporto più diffuso fra i ragazzi, non solo in una nicchia fighetta. Ha provocato più volte notevole invidia per noi, costretti a camminare a temperature infernali mentre questi mezzi, di ingombro nullo e anche viaggianti a discreta velocità ci superavano sul marciapiede o anche in strada.

N come Negozi – Eravamo vicini ad uno dei principali mall cittadini (Dizengoff Center), davvero enorme, con 3 piani e una totale disponibilità di prodotti, con alta qualità e servizi offerti. L’impressione è che il concetto di mall così in crisi nei paesi occidentali (poche nuove aperture in Italia e in Europa, chiusura in USA di moltissimi grandi centri) in una città di questo tipo possa resistere senza difficoltà: si trova in centro, in zona molto trafficata, ha negozi soprattutto di marche commerciali che non sono presenti fuori, offre servizi come wifi e deposito della spesa, è accessibile da più ingressi, tutti con controllo approfondito all’ingresso tramite metal detector.

O come Orange juice – Altro punto da sottolineare i chioschi di succhi di frutta fresca, presenti praticamente nei principali angoli di strada, che hanno ricordato molto quelli presenti a Istanbul con più o meno la stessa varietà.

P come Pubblici servizi – Oltre al già citato wi-fi, livello buono anche degli autobus e dei taxi, per cui non abbiamo dovuto attendere più di qualche minuto. Sull’autobus si paga subito un prezzo fisso al conducente (5,90 LIS, pari a circa 1,30€) mentre il taxi offre ovviamente ampi margini di trattativa soprattutto di notte. Le spiagge sono tutte pubbliche, chiunque può usarle come vuole, senza dotarsi di ombrellone o lettino e anche portando da casa il necessario. In ogni caso ci sono dei grandi gazebo gratuiti posizionati tra il marciapiede e la battigia, docce sempre gratuite e ampi spazi a disposizione per chiunque. Il prezzo di 2 lettini e un ombrellone, da pagare prima presso apposite macchinette, è assolutamente alla portata: 30 LIS per un corrispettivo di circa 7 Euro rendono subito il servizio più economico rispetto a qualsiasi spiaggia italiana, spagnola e anche greca, dagli ultimi esperimenti condotti lo scorso anno a Mykonos.

Q come Quaranta gradi – Ovvero la temperatura che mediamente abbiamo riscontrato. Questo livello termico ha complicato tremendamente gli spostamenti, rendendo difficile programmare qualsiasi azione nel breve termine e obbligando lo stazionamento sotto ombra o dentro locali, tutti ad aria condizionata altissima.

R come Russia – Si sente molto l’influenza russa. Gran presenza di turisti e locali impostati a matrice russa, come ad esempio il Casa de Coco, molto vicino al Secret Garden, con una selezione rigidissima, che noi abbiamo superato brillantemente, quasi di sicuro per la preventivata ipotesi dei tizi all’ingresso su una nostra spesa finale ben superiore allo scontrino medio del locale.

S come Shabbat – Sul classico sabato ebraico abbiamo letto e sentito di tutto, ma quello che possiamo dire è che per noi ha comportato conseguenze veramente limitate. Alcuni ristoranti erano aperti e anche negli spostamenti non abbiamo avvertito alcuna limitazione. Sullo shabbat l’indicazione ricevuta da alcune ragazze ebree consisteva nel divieto assoluto di guida (almeno per quanto riguarda auto private), di cucinare (tutti infatti cucinano, anche in grande quantità, il giorno prima) e nella limitazione dell’uso di energia (su cui non abbiamo avuto indicazioni precise). Inizia il venerdì pomeriggio e si protrae fino al pomeriggio del sabato, in alcuni casi fino alla notte.

T come Tamara Yogurt – Un locale di notevole qualità per quanto riguarda il gelato, testato l’ultimo giorno con base yogurt e diverse varianti a base di frutta.

U come Uffici – Subito visibili nel tragitto aeroporto-centro città, sono ben separati dalla parte centrale della città, per cui risultano quasi tutti posizionati in periferia, in quartieri di notte assolutamente da evitare ma in fase di totale ricostruzione.

V come Vino – Bevanda molto diffusa: si nota una particolare predilezione per il Malbec argentino e qualche vino italiano, sia nei locali che nei supermercati.

W come Work in progress – La città appare a tutti gli effetti un cantiere aperto. Stanno infatti costruendo la metropolitana (al momento ancora assente) e una serie di palazzi e grattacieli, sia nelle vie principali che secondarie.

X come Exchange Money – Assoluta aleatorietà con cui le varie macchinette ATM ci consentivano o negavano il prelievo contante. Sembra che le banche non siano tutte uguali e a seconda del tipo di banca, di carta usata e di importo richiesto, il prelievo può andare a buon fine oppure no. Dotarsi quindi di cash all’arrivo per evitare sorprese e finire in mano degli astuti Exchange money presenti a ogni angolo con le commissioni da usura.

Y come Yad Eliyahu Arena – L’arena del basket di Tel Aviv, casa del Maccabi, piacevolmente e/o tristemente noto per tantissimi match con squadre italiane soprattutto negli anni Novanta/Duemila (da mensanino non ho ancora superato la delusione per le Final Four Eurolega 2008, giocate a Madrid). In preparazione per gli Europei, quindi in teoria inaccessibile, siamo riusciti a penetrare senza troppi controlli in realtà, sfruttando astutamente la pausa pranzo degli operai dedicati alla messa a punto sia all’interno che all’esterno. L’impressione è quella di un palazzo pensato e voluto esclusivamente per il basket, i due anelli delle tribune sono molto vicini al campo e pur senza essere mastodontico contiene oltre 10.000 spettatori.Non risulta di sicuro un impianto da vivere 7 giorni su 7 in quanto davvero ridotto all’essenziale, molto pulito e con soli 2/3 posti di ristoro (almeno quelli aperti risultavano un Pizza Hut, una caffetteria, una panineria e uno shop del Maccabi davvero povero di prodotti e idee, non il miglior biglietto da visita).

Zeta come ultima – Conclusione: Tel Aviv è una città del presente e del futuro, come ci aspettavamo e desideravamo. Per l’Israele del passato rivolgersi altrove.

Duccio De Santis, da Tel Aviv per Indiscreto

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