Suicidio più difficile

30 Aprile 2010 di Stefano Olivari

di Tony Naro
Su Lazio-Inter di domenica scriviamo le cose prima, secondo i voleri del direttore, con il rischio di scrivere idiozie ma senza quello di fare i professorini del giorno dopo. Partiamo dalla banale realtà: qualunque laziale al mondo sarebbe disposto ad andare in serie B piuttosto che subire quattro mesi di festeggiamenti romanisti.
Discorso che vale soprattutto per i minoritari laziali di città. E non stiamo parlando di Irriducibili o ultras vari, ma del tifoso medio. Lotito finge di vivere su un altro pianeta, ma sa benissimo che chiudere Formello non serve a niente. Reja e vari giocatori (si dice Rocchi, Brocchi, Baronio) ci risulta siano stati per così dire ‘avvisati’ da rappresentanti del tifo, ricevendo una indicazione chiarissima: in nessun caso l’Inter deve uscire dall’Olimpico con meno punti di quanti la Roma ne farà domani al Tardini. C’entrano poco i gemellaggi fra tifoserie (Inter e Lazio sono legate da anni) o assurde voci di mercato (il prestito di Balotelli, che guadagna come sette titolari di Lotito messi insieme e che per gli atteggiamenti qui non durerebbe una settimana), c’entra molto una città dove il calcio è ‘parlato’ a livelli spagnoli e dove le proporzioni del tifo hanno poco a che vedere con Milan-Inter e Toro-Juve. A questo sentimento pressochè totale dei laziali, con Lotito costretto a fare il berlusconiano (perchè questo è, come sarà più chiaro fra qualche mese) imparziale, si aggiungono scontate considerazioni di classifica. Se domenica pomeriggio il Bologna salverà la pelle a Bergamo, per l’Atalanta sarà serie B e per la Lazio vacanza.
Ricordando però il famoso 5 maggio 2002: conosciamo per averli letti i retroscena di parte interista, ma non si è mai parlato abbastanza di quelli laziali. Con Crespo e Claudio Lopez fuori e la curva Nord che tifava Inter (e alla vigilia aveva mandato segnali non molto diversi da quelli dei giorni nostri), non è vero che la Lazio non si impegnò. Non parliamo solo di Poborsky, inferocito contro i propri tifosi per vari motivi, o dell’ex avvelenato Simeone, ma dei centrocampisti (Giannichedda, Fiore, anche il futuro interista Stankovic) stranamente tonici e di un Nesta comunque a livelli decenti (già Cragnotti gli aveva detto che sarebbe partito). Il non impegno della Lazio il 5 maggio 2002 è quindi un falso mito, al di là degli enormi demeriti di un’Inter quel giorno disastrosa.
I non romani hanno dimenticato che due mesi prima si era giocato il derby più amaro della storia laziale: 5 a 1 per la Roma e disfatta morale peggiore del punteggio (Nesta in lacrime all’intervallo e sostituito da Gottardi sintetizza la situazione), con settimane di vita impossibile per i giocatori e le loro famiglie. E qualcuno l’aveva presa male, ben prima delle telefonate fra Geronzi e Cragnotti o della certificazione dei limiti di Zaccheroni. Insomma, otto anni fa era una storia un po’ diversa: per suicidarsi questa volta l’Inter dovrà impegnarsi il doppio.
Tony Naro
(in esclusiva per Indiscreto)

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