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Il rosso e il blu, ritorno alla solita scuola

Stefano Olivari 16/09/2014

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Quasi tutti gli studenti italiani under 18 sono tornati in aula, così come i loro insegnanti hanno terminato tre faticosi mesi di vacanze ma a differenza dei loro insegnanti non si incazzano se glielo fai notare. Il pretesto è quindi ottimo, unito al fatto che lo abbiamo visto qualche giorno fa, per ricordare un discreto film sulla scuola di produzione italiana: si tratta del recente (2012) Il rosso e il blu, di Giuseppe Piccioni, che ha tentato di dire qualcosa di nuovo su un argomento iper-sfruttato dal cinema nostrano. Iper-sfruttato per motivi evidenti: l’ambientazione scolastica costa poco (non a caso quasi tutti film del genere sono girati in estate), non c’è bisogno di effetti speciali, si può schiacciare il tasto nostalgia senza problemi (tutti più o meno sono stati a scuola e ci sono stati da giovani), ci sono mille appigli per sermoncini cattocomunisti e strizzate d’occhio alla critica che non avrà mai le palle di criticare chi tratta temi ‘sociali’. A occhio nemmeno Piccioni è reaganiano o cultore del buono-scuola di Milton Friedman, anzi, ma con mestiere riesce lo stesso ad imbastire una storia credibile: liceo romano con preside rigida ma anche tormentata (Margherita Buy), supplente di lettere che ci crede ancora (Riccardo Scamarcio), vecchio professore disilluso e fuori di testa (Roberto Herlitzka) contattato da una sua ex studentessa, ragazzi ai quali in media importa quasi zero di ciò che ascoltano dagli insegnanti. Come in molti film analoghi, la differenza la fanno le sottostorie, la più riuscita senz’altro quella del ragazzo rumeno e del classico confronto-conflitto fra prima e seconda generazione di emigranti. Bravi i protagonisti, con Scamarcio il più credibile nella parte, ma la sfida era quella di fare un film non ideologico sulla scuola e Piccioni, ispirato in altre occasioni (Il grande Blek, Luce dei miei occhi, La vita che vorrei), non l’ha certo vinta, proponendo stereotipi rassicuranti e avendo quasi paura del personaggio interpretato da Herlitzka, una specie di pazzo (fool, per chi scrive tesi di laurea) che poteva dire verità scomode e che invece subisce l’inevitabile ‘evoluzione’ durante il film pur senza raggiungere gli abissi trash del personaggio della Buy, preside-mamma che si fa carico dei problemi di un ragazzo difficile. L’insegnante è per gli sceneggiatori italiani molto spesso un eroe, qualche volta una persona demotivata e in crisi, mai in ogni caso uno che lavora. O missionari o niente, anche molti insegnanti reali si percepiscono purtroppo così.

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