Quello scoop su Franco Baresi

8 Dicembre 2018 di Indiscreto

Sei stato fra i primi in Italia ad occuparsi di calciomercato e senz’altro il primo ad avere credibilità presso gli addetti ai lavori. In questo campo quanto c’è di verità e quanto di invenzione?

Al 20% quello che si legge di calciomercato è vero, al 70 verosimile, al 10 inventato male. Molte volte la notizia è vera, ma sono inventati alcuni particolari. Quando nel 1988 l’Inter acquistò Madjer diedi per primo la notizia, che era vera, e nell’articolo descrissi nei particolari un pranzo a cui non avevo assistito scrivendo che Madjer non aveva voluto carne di maiale né vino, come per un musulmano era logico. Di certo non ero sotto il tavolo a verificare. Meglio però fare così, quando la notizia da titolo è vera, che elencare centinaia di nomi, tipo lista della spesa, per poi venir fuori con ‘Io l’avevo detto’.

È vero che nel calciomercato le notizie e i rapporti personali veri li hanno in pochissimi, mentre tutti gli altri vanno a ruota?

È verissimo, anche perché i presidenti o i direttori sportivi non possono rispondere a 200 giornalisti ogni giorno. Devono fare delle scelte e scelgono i cronisti che ritengono più autorevoli, più simpatici, più utili o un misto delle tre cose. La maggioranza di chi si occupa di calciomercato quindi copia, oggi come ieri. Un episodio: tanti anni fa mi resi conto che Guido Oddo, il giornalista della Rai famoso per il tennis, origliava le notizie di mercato dai colleghi e poi faceva i servizi per il telegiornale. Allora con i colleghi Domenico Morace e Franco Esposito un giorno ci siamo messi a parlare ad alta voce di operazioni incredibili: Pruzzo dalla Roma alla Juventus, Novellino dal Milan al Napoli, e così via. Alla sera mi chiama il direttore e mi chiede perché nel pezzo per l’indomani non abbia riportato queste notizie. Io cado dalle nuvole, e solo dopo mi dicono che al Tg1 delle 20 Oddo, che aveva ascoltato le nostre conversazioni, aveva fatto un servizio basato su quelle notizie strampalate.

Qual è il più grande buco che hai dato nella tua carriera?

Così, subito, senza pensarci, dico Paolo Rossi al Perugia, una notizia che aveva dell’incredibile e che mi diede Silvano Ramaccioni. Ricordo con piacere anche Sacchi al Milan: merito di Paolo Mantovani, presidente della Sampdoria, anche lui in lizza per ingaggiare Sacchi per metterlo al posto di Boskov. Ci andò davvero vicino… Tacconi dall’Avellino alla Juventus, notizia data tre giorni prima della finale di Atene con l’Amburgo, con Zoff in porta, fece molto arrabbiare i dirigenti bianconeri. Diedi per primo Bersellini all’Inter, Platini alla Juve e Ronaldo all’Inter. Tutti in largo anticipo rispetto alla concorrenza e tutti con un grado di dettaglio notevole. A ripensarci sono molto orgoglioso proprio di Ronaldo, avendo per lui una passione particolare.

Il più grande buco preso?

Non mi ricordo grossi buchi presi, quando mi occupavo di mercato a tempo pieno… forse Causio dall’Udinese all’Inter, nel 1984. Non è una notizia che ha cambiato la storia del calcio, ma le sconfitte fanno sempre male.

 Ogni anno si leggono rievocazioni nostalgiche del calciomercato di una volta: il solito temino del genere ‘ai vecchi tempi era tutto meglio’?

Un po’ sì, ai vecchi tempi eravamo giovani noi. Per venticinque anni, fra Gallia, Hilton e Milanofiori, sono stato lì in mezzo fisicamente. Per gran parte della mia carriera i cellulari non sono esistiti e i contatti personali facevano quindi la differenza. Non c’è quindi un meglio, c’erano solo possibilità tecnologiche diverse. Ma le notizie non vengono scritte dal computer senza una mano umana, semmai adesso le si possono copiare più velocemente.

Quante notizie hai inventato?

Più di qualcuna l’ho inventata, lo ammetto, ma soltanto per ragioni di spazio. Riempire ogni giorno pagine di quotidiani sportivi con notizie vere è impossibile, a meno di non ridurre le pagine. L’importante, anzi l’unica cosa che conta, è che la notizia sia verosimile. C’è poi un altro modo di inventare le notizie, cioè quello di farle diventare vere: mille volte ho dato a un presidente o a un direttore sportivo suggerimenti che si sono trasformati in trattative reali, per non parlare delle volte in cui con alcuni colleghi mi sono messo d’accordo per scrivere la stessa cosa, dando così un buco ai rivali. L’importante è la buona fede, avere come obbiettivo la grande notizia vera e fondata che ti fa dimenticare l’ordinaria amministrazione e la spazzatura.

Scusa, te lo chiediamo di nuovo: meglio una volta?

Ti dico solo che una volta era più difficile. Oggi chiunque mettendo insieme un po’ di cose prese dal web può imbastire un pezzo simile a quello che il giorno dopo leggerà sui quotidiani. Poi ci sono quelli bravi anche oggi, che come ieri sono quelli che nel tempo costruiscono contatti personali.

A proposito di rapporti personali, tu con Paolo Mantovani ne avevi uno speciale…

È vero, ma anche con molti altri addetti ai lavori c’era un rapporto di questo tipo, senza filtri, a metà fra serietà e scherzo. Dicono che oggi non sarebbe possibile perché i giornalisti sono troppi, ma non è vero: quelli che fanno la differenza sono sempre pochi.

Quante volte sei stato censurato o ti sei autocensurato? La storia di Baresi via dal Milan in quanti altri casi si è verificata?

Essendomi occupato quasi sempre di calciomercato e non di politica, raramente ho subito censure: la notizia o c’era o non c’era. Quello di Baresi fu un caso molto particolare, perché si misero in mezzo amici di lunga data e soprattutto fu il mio giornale a suggerirmi, diciamo così, di non scrivere.

Cosa accadde esattamente?

Era la fine della prima stagione completa di Berlusconi al Milan, 1986-87. La squadra nonostante una buona campagna acquisti faceva pena e Liedholm era a fine ciclo. Sinceramente non so se ci fossero società che provarono a convincere Baresi, quello che è certo è che un giorno Baresi mi telefonò in redazione al Corriere dello Sport e mi disse che voleva andarsene dal Milan, chiedendomi gentilmente se potevo scrivere che lo volevano Inter e Sampdoria.

Ma era vero?

Secondo me no: ci fossero davvero state Inter o Sampdoria, o chiunque altro, non avrebbero proceduto così. La notizia grossa era in ogni caso un’altra, cioè che Baresi era scontento del Milan di Berlusconi: per la Fininvest un danno di immagine incredibile. Probabilmente voleva più soldi, o non so cos’altro, ricordiamoci che la sentenza Bosman sarebbe arrivata dieci anni dopo e quindi per ottenere di più i calciatori dovevano mettere in piedi questi teatrini insieme a un giornalista amico. Ma comunque la notizia c’era ed il nome era grosso.

Se la notizia era grossa allora perché non l’hai scritta?

Faccio ascoltare la telefonata al mio caposervizio in viva voce, ma non ce ne sarebbe stato bisogno perché avevo libertà totale. Il pezzo viene ovviamente approvato a Roma e quindi mi metto a scrivere, mando e mi metto a fare le solite telefonate di mercato. Solo che quel giorno le telefonate le ricevo anche, in particolare dal mio grande amico Ramaccioni, ma anche da un’altra persona a me molto cara come Braida, oltre che da uomini meno dentro al calcio e anche meno educati di Ramaccioni e Braida. Il resto lo sapete già, l’ho raccontato tante volte: il vicedirettore del giornale mi chiama per dire che la Fininvest minaccia di toglierci miliardi di pubblicità, ma che la decisione sulla pubblicazione dipende da me. Come a dire: fai tu, ma se vai fino in fondo tutto il giornale subirà danni enormi. Rimasi indeciso fino all’ultimo, poi prevalse la volontà di non danneggiare la mia azienda. Non mi ricordo nemmeno più cosa scrissi, di certo niente su Baresi. A tarda sera, davvero a sorpresa, mi telefonò Berlusconi. La prese alla lontana e fu molto gentile, dicendo che capiva il mio problema di coscienza e che in futuro se ne sarebbe ricordato. A caldo ero rabbioso, ma lo sono anche a freddo: se per una notizia di mercato, Baresi che finge di voler andare via dal Milan, si scatena questo inferno chissà cosa succede a chi si occupa di economia o politica. Dico chissà, ma in realtà lo so.

Estratto del capitolo ‘Intervista a Franco Rossi’ contenuto nel libro ‘A cena con Franco Rossi – Storia e Storie di un giornalista sportivo’ (editore Indiscreto), di Stefano Olivari ed Enzo Palladini. Il libro è in vendita in formato elettronico per Amazon Kindle a 6,99 euro e in versione cartacea a 14,90 euro (prezzi indicativi, ogni rivenditore ha una sua politica di sconti) presso Amazon, la Libreria Internazionale Hoepli e tutte le altre librerie che lo abbiano ordinato al distributore in esclusiva nazionale, Distribook

Share this article