Per LVMH e Arnault colazione da Tiffany

25 Novembre 2019 di Indiscreto

LVMH, cioè Bernard Arnault, si è comprata anche Tiffany in attesa magari di fare la stessa cosa con il Milan. Di sicuro i 16 miliardi di dollari che verranno pagati per Tiffany & Co. sono su un altro pianeta rispetto al prezzo di un club calcistico, sia pure glorioso, di metà classifica in Italia.

L’azienda che possiede Vuitton, Dior, Bulgari, Kenzo, Dom Perignon e mille altri marchi di prestigio (anche le biciclette Pinarello, per dire), ha quindi valutato 135 dollari le azioni di Tiffany, quasi il 40% più di quello che era disposta a pagare un mese fa. Battuta quindi la concorrenza degli svizzeri di Richemont, cioè quelli di Cartier, IWC, Van Cleef & Arpels, il cui business sembrava più simile a quello di Tiffany.

Da sottolineare che Tiffany ha una storia di 182 anni, con il 44% del suo fatturato che arriva dall’America e il 43% dall’Asia: in altre parole, è forte dove l’economia corre di più, mentre la classe media europea non guarda più verso l’alto (e magari fa riadattare l’anello sfilato nella bara alla nonna morta). A proposito di vecchi, questa acquisizione può in un certo senso essere definita una rivincita visto che nel 1887 Charles Tiffany, uno dei due fondatori, acquistò i gioielli della Corona di Francia.

Considerazioni a caldo sull’operazione Tiffany, icona del lusso americano, che diventa francese? La prima è che nel mondo di oggi il marchio è tutto e Arnault l’ha capito meglio di altri: non è un problema avere Rebic, se ti chiami Milan, perché con i soldi puoi sempre comprare uno più forte mentre è più complicato inventarsi una storia e una clientela che in cialtronese si definirebbe fanbase. La seconda è che le aziende con le migliori prospettive di vita sono quelle che generano emozioni, non necessariamente nel settore del lusso.

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