Televisione

Normalità di Adolescence

Stefano Olivari 01/04/2025

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Non riusciamo a capire perché tutti ci parlino di Adolescence, anche gente che non ha Netflix, e soprattutto perché tanti dicano di essere rimasti sconvolti da questa serie in quattro episodi che abbiamo visto anche noi, rimandando la fine dell’ultimo e abbastanza noioso (tranne l’episodio su Leclerc) Drive to survive. Serie fatta bene anche se troppo parlata, recitata benissimo, un misto di vari fatti di cronaca (ma non quello di Southport, notizia falsa che ha fatto il giro del mondo) e di narrazione contemporanea, quella sulla fragilità dei giovani, che ha giustamente trovato un pubblico. Merito anche dell’identificazione: Jamie siamo tutti noi, che in casa uscivamo dalla nostra camera soltanto per mangiare, quasi sempre in silenzio o scambiando soltanto informazioni di servizio. Poi non abbiamo ammazzato nessuno, né tentato di farlo.

Però, questo il punto, in Adolescence non c’è niente di sconvolgente, che possa generare un dibattito nuovo: genitori e figli adolescenti non si capiscono fin dal Medio Evo, perché 30 anni di differenza fra persone che oltretutto non si sono scelte sono tantissimi e oggi ancora di più. Cambiano le modalità di ribellione dei ragazzi, compresa la creazione di un proprio mondo, ma nessun Jamie ha mai avuto con i propri genitori la confidenza che ha con gli amici, senza per questo ammazzare una compagna di scuola che lo ha preso in giro su Instagram. C’è davvero tutta questa differenza fra sentirsi dare dell’incel e sentirsi dare dello sfigato?

Se l’incomunicabilità fra generazioni è eterna, di molto moderno in Adolescence c’è invece il giudizio sociale su chi commette un crimine: l’enfasi tutta sul tredicenne e sulla sua famiglia, unita alla cancellazione della vera vittima, fa parte di quel rifiuto della responsabilità individuale che ormai è un dogma, passando dal ‘siamo tutti colpevoli ‘ al ‘siamo tutti vittime’. Non a caso gli abili sceneggiatori ci portano a empatizzare con il ragazzo, anche contro l’evidenza. Moderno è anche il fatto che la scuola sia oggi per molti adolescenti l’unico posto in cui si hanno interazioni reali con persone reali, con tutte le frustrazioni annesse perché un compagno di scuola testa di cazzo non lo puoi cancellare con un click. La scuola è un’eredità del vecchio mondo, insieme ad altre istituzioni totali che si vedono in azione in Adolescence, come la polizia e la struttura psichiatrica. Ma la soluzione non può essere la DAD, né genitori che non lavorino e si facciano gli affari dei figli. Non c’è soluzione, al di là di sorvegliare e punire.

stefano@indiscreto.net

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