Nel nostro cielo un rombo di tuono, il mito di Riva

5 Luglio 2023 di Stefano Olivari

È possibile raccontare lo scudetto del Cagliari in maniera originale? No, perché il genere ‘scudetto delle provinciali’, che riguarda anche squadre non di provincia come le romane e il Napoli, ha schemi fissi e forse è anche giusto così. Certo il film Nel nostro cielo un rombo di tuono, appena visto su Sky, è il racconto della vita di Gigi Riva e non solo della stagione 1969-70, ma è ovvio che il cuore della narrazione sia lì con tutti i suoi stereotipi sulla rivincita contro le grandi del Nord (ma quel Cagliari era finanziato da Moratti, da Rovelli ed in senso lato dallo Stato) e sulla Sardegna: non ci vengono risparmiati né pastori né mamuthones.

Poi il film di Riccardo Milani si guarda bene, anche perché noi siamo cresciuti nel mito di Riva avendolo visto dal vivo soltanto una volta e quando era agli sgoccioli: eroe omerico nel fisico e nello spirito, con una infanzia davvero durissima senza bisogno di inventarsela come fanno i trapper o gli attori, soprattutto eroe nazionale e l’Italia non ne ha tanti, nel divisivo calcio poi ne ha proprio pochissimi. La forza delle immagini poi ben racconta la depressione dell’ex campione, la cui importanza da dirigente della Nazionale con tanti c.t. (Vicini, Sacchi, Maldini, Zoff, Trapattoni, Lippi, Donadoni, Prandelli) è stata spesso sottovalutata.

Come sottovalutato è anche quel Cagliari, quasi che sminuirlo dia più forza al racconto della grandezza di Riva. Un altro merito del film è proprio ricordare che fosse una buonissima squadra, al pari e anche più delle grandi tradizionali dell’epoca, tanto è vero che mandò ai Mondiali messicani ben 6 giocatori. Giusto anche ricordare che lo scudetto 1968-69 fu praticamente buttato, così come che la carriera di Riva sia stata molto limitata da due tremendi infortuni con la maglia azzurra: si può dire che il vero Riva si sia visto fino ai 26 anni, per questo motivo ma non solo: rapportato all’epoca era un divo concupito dalle donne e inseguito dagli amici dei calciatori, che non mancavano nemmeno a Cagliari.

Banale la parte, pensando anche al calciomercato di oggi, su Riva che si sarebbe sempre opposto al trasferimento alla Juventus, all’Inter o al Milan. Non è vero, prima di tutto perché un calciatore dell’epoca, nemmeno il più famoso, poteva opporsi ad alcun trasferimento. Nemmeno Rivera, che infatti per evitare di andare al Torino quasi fece comprare il Milan da finanzieri-amici. Nemmeno Mazzola, nemmeno Bulgarelli: utili parafulmini di club che venivano smantellati facendo scrivere ai giornalisti di ‘politica dei giovani’ e di bilanci da risanare: l’avete già letta di recente? La differenza è che il tifoso faceva il tifoso, non il contabile, e volavano le sassate mentre oggi ci si masturba per i saluti su Instagram. Oltretutto Riva, soprattutto il Riva post 1970, sarebbe stato anche disposto ad andarsene e fu bloccato dai veti incrociati delle grandi più che dal Cagliari.

Efficace il racconto di uno Juventus-Cagliari, con i famosi due rigori di Lo Bello: quello sbagliato dalla Juventus fatto ripetere e poi segnato, quello del Cagliari inventato come compensazione. In mezzo insulti e minacce che oggi sarebbero vivisezionati ma che allora furono gestiti dal buon senso di un arbitro-personaggio come nessuno. Il calcio italiano degli anni Sessanta e Settanta, parlando in generale, non è da rimpiangere se non per alcuni fenomeni come appunto Riva.

In sintesi Nel nostro cielo un rombo di tuono, citazione di uno dei più famosi soprannomi dati da Brera, non è un capolavoro ma bisogna dire comunque che nella realtà italiana è nella fascia alta, un po’ oltre le agiografie tipo Sfide, alla narrazione Rosario-Compton della Sky media ed al giovanilismo nerd di DAZN, quindi lo consigliamo vivamente soprattutto a chi di Riva sa poco e non va oltre al record di gol in Nazionale: comunque pazzesco che oggi, con mille partite contro cani e porci, nessuno abbia ancora superato i 35 gol segnati in pochissimi anni da Riva con difensori che impuniti gli spezzavano, e non metaforicamente, le gambe.

stefano@indiscreto.net

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