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Calcio

Mi ricordo pareggi verdi

Stefano Olivari 20/07/2007

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Quel pomeriggio genovese del 25 giugno 1990, quel caldo soffocante, quell’appuntamento con la storia che l’Irlanda non doveva mancare e che il fedele VHS ci ha restituito. Per i Verdi è la prima fase finale di un Mondiale e subito è arrivata la qualificazione al secondo turno, statisticamente non impossibile (passano in sedici su ventiquattro, con l’orrore delle quattro migliori terze dei sei gironi) ma comunque esaltante per chi dal grande calcio ha sempre avuto poco. Storie mondiali. Tre pareggi nel gruppo F con Inghilterra, gol iniziale di Gary Lineker e pareggio dell’evertoniano Kevin Sheedy a un quarto d’ora dalla fine, Egitto (zero a zero, di quelli terribili) e Olanda (vantaggio di Gullit e pareggio in scivolata di Niall Quinn al 72’, con penosa melina finale seguita alla notizia del vantaggio inglese sull’Egitto): secondo posto nel girone guadagnato per sorteggio. Il primo sorteggio nella storia della Coppa, vista la parità assoluta con l’Olanda come punti, differenza reti e gol segnati, avvenuto a notte inoltrata nel centro stampa di Roma ed effettuato materialmente da una hostess. Sliding doors: l’Olanda terza finisce nell’ottavo di Milano contro la Germania Ovest di Beckenbauer per giocarsi la migliore partita del torneo, per non dire la vera finale, e l’Eire secondo viene incasellato nell’ottavo di Genova contro la Romania che si è barcamenata nel girone di Camerun e Argentina.
Il merito di tutto questo è fondamentalmente di Jack Charlton: fratello del fenomeno Bobby, nipote dell’altro fenomeno Jackie Milburn, ma soprattutto difensore titolare dell’Inghilterra campione del mondo 1966. Ha preso in mano l’Eire nel 1986, portandolo ad una storica qualificazione per la fase finale di Euro 1988 e dandogli un’identità ben precisa: 4-4-2 con esterni prudenti, chiusura fisica di ogni spazio, manovra che si appoggia ad uno o due pivot. Il suo gioco è onestamente catenacciaro, anche filtrato dagli occhiali rosa della nostalgia, ma nella modestia tecnica dei singoli l’Irlanda di Charlton ha la capacità di schiacciare quel tasto che per almeno mezzora a partita la porta a travolgere fisicamente gli avversari, di solito nel finale. Il pareggio con l’Olanda di Van Basten, Gullit, Rijkaard, Ronald Koeman, eccetera, è la sedicesima partita consecutiva senza sconfitte. Ed in mezzo ci sono quasi tutti gli incontri di qualificazione mondiale con Spagna, Ungheria, Irlanda del Nord e Malta: una serie da 18 gol fatti e tre subiti, che ha portato un paese al suo primo Mondiale.
La vigilia della partita della vita è per l’Irlanda tranquillissima: allenamento leggero e pomeriggio trascorso quasi totalmente in piscina, a Rapallo, rispondendo a qualche domanda su quella che a Dublino è la polemica del giorno: l’opposizione laburista ha infatti proposto per il lunedì della partita una mezza giornata di festività (l’inizio è previsto alle 16 irlandesi) per permettere a tutti di vederla in televisione, ma il primo ministro Charles Haughey (scomparso l’anno scorso) respinge tutto, archiviando la proposta come ‘pagliacciata’. Qualche problema in più nel ritiro della Romania, da cui Emerich Jenei, l’artefice del miracolo Steaua di quattro anni prima, non riesce a tenere fuori procuratori, mediatori e maneggioni vari: il portiere Lung parla con emissari dell’Albacete, Gica Popescu con il Manchester United, mentre più concretamente il ventunenne Florin Raduciou firma con il Bari dei Matarrese.
Nel rinnovato Marassi la Romania, senza lo squalificato Lacatus, scende in campo con Lung, Rednic, Klein, Popescu, Andone, Rotariu, Sabau, Balint, Raduciou, Hagi e Lupescu. Per l’Irlanda Bonner, Morris, Staunton, McGrath, McCarthy, Moran, Houghton, Townsend, Quinn, Aldridge, Sheedy. Diamo le formazioni come vengono date all’epoca, facendo un po’ di filologia degna di miglior causa. Per farci capire dai più giovani diciamo che la linea difensiva è composta, partendo da destra, da Morris, McCarthy, Moran e Staunton, il centrocampo da McGrath, Houghton, Townsend e Sheedy, l’attacco dalle due torri. I quindicimila irlandesi presenti (su 31.818 paganti totali) sembrano già felici di esserci, ed anche la squadra dà la stessa impressione. Dall’inizio, citando alla rinfusa: tiro fuori di poco di Sabau, traversa sfiorata da Hagi, infortunio di Aldridge in affannoso ripiegamento difensivo (entra Tony Cascarino), paratona di Bonner su Balint, contropiede fallito di un niente da Raducioiu. Mezzora da incubo, ma questa Irlanda sa schiacciare il famoso tasto: a farlo per primo è Ray Houghton, nel finale di primo tempo, con la sua sua squadra che incomincia a premere ed a creare quei mischioni che vengono in genere decisi dagli dei del calcio. Proprio un minuto prima dell’intervallo una doppia occasione fa urlare i quindicimila verdi: torre di Cascarino per Sheedy ed uscita strepitosa di Lung, pochi secondi dopo un altro colpo di testa di Quinn fuori di niente.
Nel secondo tempo il caldo e la paura ammazzerebbero le migliori intenzioni, che comunque non ci sono: la Romania riesce solo a caricare il sinistro di un nervoso Hagi per tiri da trenta metri, mentre l’Irlanda cerca Cascarino con lanci non proprio alla Koeman. La difesa tiene bene, con i centrali e con Staunton che rende la vita difficile sia a Balint che ad Hagi quando va a cercare spunti sulla destra, ed il centrocampo la protegge come meglio non potrebbe: Houghton e Townsend cercano di giocare, McGrath di picchiare e solo la pavidità dell’arbitro Wright, brasiliano, tiene in campo il giocatore dell’Aston Villa dopo una gomitata ad Hagi. Come sempre decisivo Sheedy, a volte cavallo pazzo di uno pseudo 4-3-1-2 ma più spesso manovale di centrocampo sulla sinistra quando Balint e Hagi si trovano insieme in zona e Staunton va aiutato. I supplementari sono guadagnati dominando tatticamente ma anche, va detto, con un mezzo miracolo di Bonner su Raduciou. Jenei sostituisce il neobarese con Lupu, mentre Charlton aspetta il terzo minuto del supplementare per buttare nella mischia la vecchia ma non vecchissima gloria David O’Leary, al posto di Staunton. Occasioni zero, ma Irlanda in controllo totale: vuole i calci di rigore e li avrà. Comunque vada a finire, il realismo di Jack ha vinto.
I minuti più importanti della storia calcistica dell’Eire stanno iniziando, sotto la gradinata nord (quella, per intenderci, dei tifosi del Genoa). Iniziano a calciare i rumeni: Hagi gol, Sheedy gol, Lupu gol, Houghton gol, Rotariu gol, Townsend gol, Lupescu gol, Cascarino gol. Siamo quattro pari, la differenza fra la gloria ed il ritorno a casa è un soffio. Non c’è un filo di vento, sul dischetto va Daniel Timofte, entrato nei supplementari per Sabau. Bonner si ricorda di un servizio sul calcio rumeno, visto casualmente qualche mese prima, con un rigore tirato da Timofte nell’angolo basso alla destra del portiere. Una fortuna clamorosa oppure una balla raccontata dal portiere del Celtic Glasgow, l’ultimo giocatore acquistato da Jock Stein prima andarsene al Leeds e poi quasi subito a guidare la nazionale scozzese. Bonner battezza la destra, il tiro è così così, per il ragazzo della Dinamo Bucarest è dramma mentre per il trentenne ‘Packie’ è la parata della vita. Il momento perfetto dipende da David O’Leary. Il recordman di presenze nell’Arsenal guarda Lung, lo guarda ancora, sembra non partire mai. Gol. L’Irlanda è nei quarti, quindicimila fedelissimi ed un paese sono in festa. Ma Charlton no, Charlton è commosso. Entra in campo,aspetta che i suoi giocatori finiscano di festeggiare e poi li chiama vicino a sé: ‘’Sono fiero di voi, comunque vada a finire avete dato tutti il cento per cento e la nostra vittoria è questa. Diranno che siamo nelle prime otto del mondo con quattro pareggi: è vero. E allora?’’. Già, e allora? Si rientra tutti a Rapallo, per una bevuta di gruppo guardando Italia-Uruguay. I gol di Schillaci e Serena non turbano nessuno: tuffo di mezzanotte in piscina e poi rotta verso i locali di Santa Margherita pensando a Roma. Saranno ricevuti da Giovanni Paolo II, per un’udienz
a privata in Vaticano, e dall’Italia calcistica per un’udienza pubblica all’Olimpico. Ma è un’altra storia, la più bella è già stata scritta.

Stefano Olivari
stefano@indiscreto.it

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