L’invenzione di Freak Antoni

12 Febbraio 2014 di Glezos

Ieri sera, 11 febbraio 2014. Ho appuntamento al Front Of House di Bologna con Mattia Bigi, prodigioso ex Extrema ed attuale bassista di Biagio Antonacci. “Roberto è peggiorato, è in fase terminale. È in ospedale e la sua ex moglie ha detto agli amici di non andare a trovarlo, non riconoscerebbe nessuno”. Stalattiti dal soffitto. Ironia della sorte, qualche minuto dopo suona il cellulare: è Dandy Bestia, lo storico chitarrista degli Skiantos. Chiama per altri motivi, a pensarci dopo è uno di quei casi in cui tutto è ancora più crudele.

Roberto Freak Antoni non scherzava nemmeno un po’ quando diceva che il nuovo rock italiano l’aveva inventato lui. Di sana pianta e da un giorno all’altro appena oltre la metà degli anni Settanta, quando Bologna era ancora La Grassa e ci andavi per osterie. La differenza è che quelli come lui di osterie non ne potevano più. E come lui non solo i suoi complici ma anche e soprattutto i fratelli minori, quelli che dopo qualche mese avrebbero dato scandalo in via Indipendenza tra capelli multicolori e “fuck off” d’ordinanza, con mamme, nonne e padri di famiglia insorti al grido di “Punk, lavatevi la faccia!!!”. Roberto era più grande, non aveva i 16 anni di Eletttro, Laura Carroli, Giampaolo Giorgetti e degli altri punk della primissima ora. Ma un giorno dell’autunno 1977 esce da dietro una colonna con fare carbonaro e avvicina proprio Eletttro. “Scivola lungo il muro, mi guarda con espressione da complice nel crimine, mi dice ‘Guarda qua che ci ho’, e mi allunga una musicassetta”. E’ ‘Inascoltable’, la prima prova provata dell’esistenza degli Skiantos, pubblicata in cassetta dalla Harpo’s Bazar di Oderso Rubini. Più che esilarante, due facciate di nastro irresistibili: ‘Fate schifo’, ‘Io mi faccio un frontale’ e altri deliri solo in parte riproposti in seguito nei dischi, quelli veri, ufficiali e molto meno folgoranti del primo vagito su nastro. L’amicizia che ne nasce porta Eletttro al seguito dei prodi di Freak in lungo e in largo nei primi 12 mesi: The Birth Of Dementia(l), se Miles Davis aveva timbrato ‘The Birth Of Cool’.

Mattia parla al cellulare con Dandy Bestia. Guardo il muro e li rivedo insieme, lui e Roberto, sul palco del Teatro Uomo nell’autunno del 1978, un tutto esaurito clamoroso, del tutto inatteso dal momento che degli Skiantos era uscito solo il primo singolo, ‘Io sono un autonomo / Karabigniere blues’. Con Freak, Sbarbo, Leo Tormento Pestoduro, Dandy e soci a distribuire al pubblico la verdura da tirare sul palco, con la chiusa della serata memorabile: “Sono rozzo, sono grezzo / ma non sono come voi / che avete pagato / per vedere ‘sta merda”. Follia collettiva. Girava la voce che al festival ‘Bologna Rock’ si fossero presentati sul palco a tavola intenti a mangiare: sale il sipario e loro sono lì a gozzovigliare senza strumenti e senza la minima intenzione di suonare. Un Premio Nobel solo per questo. Poi ‘MonoTono’, con le prime copie in vinile giallo piscio (non ‘giallo gastrite’ o ‘giallo vomito’, come pubblicizzato ai tempi).

Con inizi di tale maestosa autorevolezza, la china non poteva non scendere. Scese presto, anche se il cavallo di razza veniva sempre fuori, dalle “sbarbine” al “Ti amo terrone” croce e delizia persino della curva dell’Hellas e di Don Quixote Mandorlini. E cavallo di razza era rimasto, anche negli sprazzi da neo Buscaglione di Beppe Starnazza & i suoi Vortici, nell’improbabile corollario televisivo dei Carlo Massarini di passaggio. L’ho incontrato in svariati ambiti, diversissimi e spesso molto ostici da affrontare: letture di poesie (le sue), confronti-dibattito che sfioravano la rissa, ospitate spesso tirate per i capelli. Sempre rimanendo un favourite assoluto nelle redazioni delle riviste cosiddette cool, soprattutto maschili. In occasione dell’uscita di un paio dei suoi libri avevo scritto un articolo sulla sua carriera di scrittore, senza intervistarlo per non essere sviato dalla questione: se in Italia non c’è gusto a essere intelligenti, perché scrivere libri?

Tutti adesso ti troveranno importante e seminale, Roberto. Tutti ci saranno stati, avranno capito, tutti avranno da sempre i dischi e i libri a tua voce e firma sulla scrivania. Tutti ti avranno sempre considerato geniale, scuotendo la testa come a dire che in Italia non c’è davvero gusto a essere intelligenti, e la tua parabola è lì a dimostrarlo. I ricordi, i memoriali, i tributi, il cd con le versioni di questo, quello e quell’altro. Anche quelli che l’avevano pensato davvero, e da parecchio tempo. Il fatto che le tue bolognesissime “storie pese” fossero diventate “tese” per un gruppo di amici a Milano (un nome nato da un equivoco) è in partenza l’omaggio definitivo al tuo pathos. Mi diresti di no, che non è vero e che nessuno deve omaggiare nessuno, e come tutti quelli che ti hanno conosciuto so che davanti ai tributi e a questo articolo farai la stessa cosa. Ti girerai dall’altra parte del letto, portando la mano alla bocca sbadigliante e mormorando “Yawn”.

Glezos

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