Editori per caso

Le motivazioni di Feltrinelli

Stefano Olivari 02/03/2012

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di Stefano Olivari
Pochi minuti fa siamo arrivati alla decima, prima del Real Madrid. Si stanno sprecando le rievocazioni riguardanti la morte di Giangiacomo Feltrinelli, avvenuta quasi (era il 14 marzo) 40 anni fa poco lontano dal luogo che sarebbe diventato la sede della… Mondadori (il palazzo di Segrate progettato dal famoso, nel senso che se lo conosciamo noi deve essere per forza famoso, Oscar Niemeyer è stato inaugurato nel 1975). Il corpo, dilaniato da un’esplosione, fu trovato nei pressi di un traliccio e da quel momento fino ai giorni nostri è stato un diluvio di rivelazioni, ricostruzioni, allusioni: tutto riconducibile al genere giornalistico ‘servizi deviati’, che spesso ha raccontato agli italiani verità pesantissime ma a volte (sembra essere una di quelle, viste le conclusioni dell’inchiesta giudiziaria) è incapace di arrendersi all’evidenza.
Che era quella di un ricchissimo editore con ambizioni di rivoluzionario (l’highlight era stato quello di fare della Sardegna la Cuba europea, con il sostegno militare del bandito Graziano Mesina), morto in un incidente sul ‘lavoro’. Ma ricordando il clima politico dell’epoca, fra piazze rosse e golpe neri, si può comprendere come una morte sfortunata fosse mediaticamente meno accettabile di una morte misteriosa. A noi, da lettori, piace ricordare lo scopritore del Dottor Zivago, il libro che fece guadagnare (è il caso di dirlo) a Feltrinelli l’espulsione dal PCI  e a Boris Pasternak il Nobel, oltreche de Il Gattopardo, le opere che vengono sempre associate al suo intuito editoriale. Ma a lui si deve la scoperta italiana di Karen Blixen, Borges, Gunter Grass e tutta una serie di pesi massimi che negli anni Sessanta lanciarono la Feltrinelli (che era stata fondata nel 1954), intercettando lo spirito culturale del tempo (basti pensare al Gruppo 63, molti sono ancora viventi e l’anno prossimo…). Un talento nello scoprire talenti, Feltrinelli, ma anche nel valorizzare cose che già esistevano: come la più famosa delle foto di Che Guevara (proprio quella che c’è sulle magliette), che ebbe in regalo (!) dal fotografo Alberto Korda, che poi sarebbe diventato l”ombra di Fidel Castro. L’editore la schiaffò in copertina a Diario in Bolivia e da allora quell’immagine, ribattezzata Guerrillero Heroico, è diventata un marchio globale con utilizzi e abusi in ogni campo artistico. 
Come editori per caso, dal titolo per niente autoironico (lo siamo diventati sulla spinta della disoccupazione giornalistica, non certo del fuoco sacro) della rubrica, invece ricordiamo la differenza sostanziale fra Feltrinelli e gli altri grandi del libro in Italia, Arnoldo Mondadori e Angelo Rizzoli. Mondadori non aveva nemmeno la licenza elementare e a 10 anni faceva il garzone in un negozio, Rizzoli nacque anche lui poverissimo e fu cresciuto in un orfanotrofio. I Feltrinelli erano invece di ascendenze nobili e di ricchezza immensa: il padre di Giangiacomo, Carlo, era uno dei più importanti banchieri italiani dell’era fascista (presidente del Credito Italiano, fra l’altro) oltre che gestore delle aziende di famiglia (commercio di legname e costruzioni). Cosa vogliamo dire? Che la genialità non si impara: partendo da punti diversi e con obbiettivi diversi Mondadori, Feltrinelli e Rizzoli hanno fatto per la cultura italiana più qualsiasi piano dirigistico o di qualunque ministro della pubblica istruzione. Non è insomma solo una questione di ‘motivazioni’, come direbbe il nostro medio allenatore di serie B, ma di capacità. A noi per essere contenti basta la mail di uno sponsor.

Twitter @StefanoOlivari  

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