Le balle, un altro problema dell’Africa

21 Giugno 2015 di Andrea Ferrari

Non sono le paturnie di un liceale con la kefiah, ma l’analisi di un giornalista, Alessandro Gilioli, tra i più seguiti ed apprezzati in Italia – a volte, se lo merita anche – uno dei maître à penser dell’intellighenzia italiana che non scrive su “Il blog del condominio” ma sulle testate del gruppo Espresso-La Repubblica. Il pezzo é un buon esempio di svarioni storici, luoghi comuni ed errori di logica che possono attecchire giusto in paesi in declino come l’Italia con il suo record di analfabeti funzionali. Ne parliamo non perché ce l’abbiamo con Gilioli, che conosciamo solo di nome, ma perché, involontariamente, contiene tutta insieme quella retorica sull’Africa basata sul sentito dire che viene opposta alla retorica segno opposto (del genere ‘Spariamo ai barconi con a bordo i migranti’), ma che gode ovviamente di migliore stampa perché a portarla avanti è il 90% della classe giornalistica italiana. Il problema non esisterebbe se molte di queste opinioni non fossero ormai diventate fatti indiscutibili, a forza di ripeterle e di leggerle.

Partiamo dalle primissime righe: “Su quel lucrosissimo commercio triangolare abbiamo costruito la nostra rivoluzione industriale, quella che voi non avete avuto”. Quindi la rivoluzione industriale non é nata grazie all’innovazione tecnologica e alla trasformazione dei contadini in operai, ma con il commercio degli schiavi. Peccato che negli Stati Uniti la fine della schiavitù fu sancita proprio dalla vittoria nella guerra civile del nord-est industrializzato e abolizionista sugli stati del Sud e le loro piantagioni con gli schiavi. Oltretutto grazie alla rivoluzione industriale e al relativo bisogno di petrolio paesi del Medio Oriente in cui dominava la pastorizia si sono trovati catapultati, senza fare nulla, verso una ricchezza sconfinata. Poi parte una filippica sulla colonizzazione con tre grandi capisaldi cari al terzomondismo che non ammette repliche.

1) Il furto delle materie prime come causa del sottosviluppo. Ma l’Africa odierna é ancora ricchissima di risorse naturali, basti vedere su cosa si reggono le economie di stati colonizzati come l’Angola, che si sta prendendo sonore rivincite  sull’ex colonizzatore Portogallo. Al di là del fatto che lo sviluppo economico può prescindere dall’avere materie prime: Israele, Singapore o la stessa Italia del dopoguerra lo dimostrano. Oltretutto il paese africano più lacerato dalle guerre é la Somalia che non ha materie prime “appetibili”.

2) Le guerre in Africa sono state provocate dai venditori di armi dell’Occidente. Un assioma contestabile da varie angolazioni: l’inversione tra causa ed effetto (sarebbe come dire che la guerra in Croazia é stata causata dall’Ungheria da cui provenivano le armi utilizzate dall’esercito di Tudjman); la produzione e vendita delle armi non é prerogativa né europea né occidentale, tanto é vero che l’arma più venduta al mondo é il kalashnikov che non viene prodotto da quei malandrini dei colonizzatori europei; diverse guerre in Africa, come in altri continenti, erano parte dallo scontro su scala planetaria indotto dalla guerra fredda; il mercato degli armamenti ha a che fare con l’obsolescenza degli stessi, in soldoni non é che se non ci sono guerre in cui usarle viene meno la richiesta di armi più nuove ed efficaci o si smette di produrle, ma per Gilioli “i carrarmati che produciamo li dobbiamo pure piazzare, qui in Europa siamo in pace da settant’anni e mica possiamo rinunciare a un settore così florido.”

3) L’ulteriore sfruttamento ed impoverimento indotto dalla globalizzazione. Anche qui Gilioli prende un altro svarione, ma ci pensa James Wolfensohn, ex presidente della Banca Mondiale, tra i tanti studiosi dell’argomento, a fare qualche cifra: “Negli ultimi 20 anni il numero di persone che vivono con meno di 1 dollaro al giorno è diminuito di 200 milioni, dopo essere salito costantemente per 200 anni”.

Che poi, se proprio vogliamo trovare i perdenti nel gran gioco della globalizzazione – un sistema che ha solo interesse nell’avere nuovi consumatori in nuovi mercati – bisognerebbe citofonare semmai ad alcune fasce sociali nel “ricco” Occidente: ma questo é un altro discorso, per dirla con Lucarelli. Se parliamo di persone sotto la soglia di povertà, bisogna dire che queste persone negli ultimi 25 anni sono diminuite di 200 milioni nonostante la popolazione del pianeta sia aumentata di quasi due miliardi, per una volta citiamo il vituperato Indiscreto (che ha usato le cifre delle agenzie dell’ONU). La narrazione giliolesca sulla colonizzazione come dannazione eterna – “l’inferno che vi abbiamo creato” – oltretutto fa a pugni con quei paesi che si son avviati verso uno sviluppo poderoso (l’Asia ha diversi esempi) diventando in alcuni casi più ricchi di coloro che li avevano colonizzati e non fa nemmeno i conti con quei paesi che han saputo fare tabula rasa di quel periodo, come ad esempio lo Zimbabwe, ma lì non é che la situazione sia migliorata.  La solidarietà con chi sta peggio non dovrebbe quindi basarsi su sensi di colpa in gran parte infondati, ma su libere scelte dei cittadini del ‘Ricco Occidente’.

Andrea Ferrari, in esclusiva per Indiscreto 

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