Lavillenie per uscire dal ghetto

10 Agosto 2014 di Stefano Olivari

L’atletica mondiale ha un grosso problema, di nome Usain Bolt. Lo hanno confermato i recenti Giochi del Commonwealth, dove la sua apparizione in scioltezza nella 4 per 100 giamaicana, rinunciando alle gare individuali (dove peraltro non aveva titolo per essere, non avendo partecipato ai Trials), al di fuori dei paesi anglo-centrici ha fatto più notizia di tutto il resto della manifestazione messo insieme. E lo confermerà anche l’Europeo di Zurigo, che da martedì ospiterà al Letzigrund il meglio dell’atletica del vecchio continente.

Non è ancora chiaro se il primatista mondiale dei 100 e dei 200 metri farà un’apparizione pubblicitaria (mentre scriviamo al 99% è no), ma si tratterebbe in ogni caso di un’apparizione fugace. Domenica 17 dovrà essere a Rio de Janeiro, visto che a Copacabana gli hanno approntato una pista per esibirsi nei 100, il 23 è atteso a Varsavia ed infine il 28 ancora a Zurigo: questa volta per davvero e in gara, nel Weltklasse di Diamond League. Tutto ciò che riguarda il fenomeno è però stranamente indefinito, della stessa operazione al piede avvenuta lo scorso marzo si è venuti a sapere con tre mesi di ritardo. Poi ci si chiede come mai in Giamaica siano poco credibili i controlli antidoping a sorpresa… Bolt ha spiegato che l’operazione gli è stata consigliata dal suo consulente scientifico, il famoso Hans-Wilhelm Muller-Wolfarth, che da Monaco di Baviera dispensa pareri a molti grandi dello sport essendo ormai uscito da tempo dalla specializzazione calcistica (negli anni Settanta inizio come medico dell’Hertha Berlino, prima di passare al Bayern Monaco). L’obbiettivo ovvio è Rio 2016.

Ma perché Bolt sarebbe un problema? Risposta facile, stando agli organizzatori di meeting: essendo l’unico atleta del pianeta con una notorietà trasversale, è anche l’unico che da solo può dare senso ad un meeting o ad una iniziativa, senza stare a sottilizzare sulle gare di contorno. Dietro un compenso stimabile in 350mila dollari a serata, tanto per fare della poesia, tutti possono sognare. Non che a Glasgow Bolt sia stato pagato, almeno non in forma diretta, diciamo che ha timbrato il cartellino per non sembrare un traditore della patria ed intanto è rientrato in clima gara. La folla di Hampden Park in delirio per la Giamaica B, senza infortunati (Blake) e squalificati-riqualificati (Powell) ha apprezzato e alla fine non è stato importante il pur ottimo 37”58 finale, con Bolt che in ultima frazione ha rimediato agli errori di cambio dei compagni grazie a un allungo che ha fatto sembrare l’inglese Talbot quasi di un altro sport.

Il discorso su Bolt induce in ogni caso a chiedersi quanti atleti presenti agli Europei possano considerasi stelle, dal punto di vista mediatico. Di sicuro stella è Christophe Lemaitre, che proverà a ripetere la doppietta 100-200 metri di Barcellona 2010 (negli ‘Europeini’ del 2012 solo i 100): personaggio non estroverso, il francese, ma a suo modo interessante e reso più ricco dal fatto di essere uno dei pochi velocisti di alto livello con la pelle bianca. I 100 sono la gara che più interessa il grande pubblico, a prescindere dai protagonisti, ma bisogna dire che a Zurigo la qualità assoluta non mancherà. Saranno infatti presenti 4 dei primi 6 europei di ogni tempo nella specialità: l’olandese Churandy Martina (campione uscente nei 200, fra l’altro) e il britannico Dasaolu (9”91 per entrambi), Lemaitre (9’’92) e l’altro francesce Vicaut (9’’95, primatista europeo stagionale). Nei 200 il leader europeo del 2014 è invece Lemaitre con 20’’08 ed è anche il grande favorito, mentre nei 100 vale ogni pronostico.

Fra le donne l’olandese Dafne Schippers proverà a rinverdire i fasti della connazionale Fanny Blankers-Koen, la famosa ‘Casalinga volante’ che perse gli anni migliori con la guerra ma che dopo gli ori del 1948 ai Giochi di Londra nel 1950 vinse agli Europei nei 100 e nei 200. La cosa clamorosa della Schippers è che si tratta di un’eptathleta (bronzo ai Mondiali 2013) passata allo sprint con personali di 11”03 nei 100 e di 22’’34 nei 200, ottenuti poche settimane fa, mentre di solito avviene l’inverso. Magari non reggerà i turni di qualificazione e la francese Soumaré, ma il volto femminile dell’Europeo potrebbe essere il suo. Non parteciperà all’eptathlon, così come non vi parteciperà Morgan Lake, fresca dell’oro ai Mondiali juniores di Eugene. La diciassettenne britannica punterà tutto sul salto in alto (anche in questa specialità in Oregon ha vinto), dove ha un personale di 1,94 e margini di miglioramenti immensi. I fotografi piangono per l’assenza di Anna Chicherova, ma la Lake è la donna del futuro. Per le copertine e forse anche per l’oro del presente c’è però la croata Blanka Vlasic.

L’inglese Mo Farah, sedotto dalla maratona e dai suoi ingaggi, ha pagato cara (sottoforma di collassi e di infortuni) la fuga in avanti, ma ha una riconoscibilità planetaria e se scende in pista sarà impossibile batterlo in 5 e 10mila metri. A maggior ragione in quelle gare tattiche che agli Europei sono un copione quasi fisso. Sulla carta competizioni meno incerte del salto in alto maschile, con tre protagonisti che in questa stagione hanno portato il loro personale oltre quota 2,40: il russo Ukhov (2,41) e gli ucraini Bondarenko (2,42) e Protsenko (2,40).

Se dovessimo scommettere sull’anti-Bolt dell’atletica europea scommetteremmo però su un francese che, come e più di Lemaitre, riesce ad uscire dal ghetto delle pagine sportive: Renaud Lavillenie, che a Zurigo dovrebbe vincere senza problemi il suo terzo titolo europeo di fila. Il campione olimpico, che ha riportato l’interesse il salto con l’asta quasi ai livelli dell’era Bubka, ha nelle braccia il record del mondo all’aperto dell’ucraino (6 metri e 14)) dopo avere superato nello scorso inverno (proprio a Donetsk, con 6 e 16) quello indoor. Viene da 19 vittorie nelle ultime 19 gare, una statistica davvero bubkiana in una specialità dove ci sono mille fattori di cui tenere conto (diversamente ai Mondiali di Mosca, l’anno scorso, non sarebbe stato battuto da Holzdeppe), non si vede chi possa anche solo avvicinarsi. Di Lavillenie soprende proprio la continuità ad altissimo livello: nel solo 2014 ha saltato più di 6 metri 5 volte, perdendosi i Mondiali indoor di Sopot solo per un infortunio. Li ha saltati sempre al coperto, ma le ultime notizie parlano di allenamenti sensazionali e di un record del mondo che davvero potrebbe illuminare la manifestazione. Lavillenie ha studiato attentamente la pedana del Letzigrund, ha affermato che è della lunghezza giusta per la sua rincorsa. Con buona pace dei concorrenti: dai polacchi Wojciechowski (oro ai Mondiali di Daueu 2011) e Lisek all’italiano Gibilisco (oro a Parigi 2003) passando per il tedesco Mohr, quasi chiunque può vincere una medaglia saltando 5,75. Un oro scritto, quello di Lavillenie, ma per non sentire la litania su Bolt bisogna sperare anche nel suo record.

(pubblicato su Il Giornale del Popolo di giovedì 7 agosto 2014)

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