La storia siamo noi

2 Luglio 2010 di Stefano Olivari

Una piccolissima nazione, grande solo nel calcio, contro un continente intero. Questi secondo la retorica del cosiddetto ‘new football writing’, la corrente letteraria (nei paesi dove esiste una letteratura sportiva, in altri siamo a ‘Super Mou’ e ‘Pato con il Diavolo’) che trova significati geopolitici anche nella più insulsa delle rimesse laterali o in una strizzata d’occhio di un terzino che magari è solo un tic nervoso. Secondo noi a Johannesburg si sono viste due grandi squadre, Uruguay e Ghana, che le hanno provate tutte per vincere a dispetto della propria natura difensivistica e della tensione di chi sa che non avrebbe avuto più un’occasione simile nei successivi cento anni.
Ha vinto la squadra che ha tirato meglio i rigori, un merito visto che si tratta di un gesto tecnico, e che nei primi novanta minuti ha costruito le occasioni più pulite grazie ai cross (su uno da sinistra Suarez avrebbe pututo segnare il gol del Mondiale) e alle punizioni di uno scatenato Forlan. Paradossalmente ha smesso di farlo quando Tabarez violentandosi ha buttato in campo Abreu, prima punta pura, togliendo Cavani che una mano al centrocampo la dava. I supplementari sono stati invece del Ghana, che ci ha creduto e ha sfiorato più volte il due a uno prima di un rigore che si candida a diventare il più famoso nella storia della competizione. Al 120′ da una punizione dubbia per il Ghana è nata una mischia con uscita sbagliata di Muslera, salvataggio sulla linea di Suarez, ribattuta di Adiyiah e nuovo salvataggio sulla linea di Suarez: questa volta con un fallo di mano volontario, cartellino rosso diretto e calcio di rigore. Parlare di scelta, al centoventesimo minuto di un quarto di finale mondiale, è folle, ma se lo è stata è stata una scelta intelligente e anche generosa. Mi faccio cacciare, senza alcuna possibilità di giocare la semifinale (traguardo massimo, vista la forza dell’Olanda, anche se non si sa mai) anche nel caso difficile che il Ghana sbagli il rigore. In tutt’altra situazione, la stessa scelta che fece Michael Ballack nella semifinale 2002 contro la Corea del Sud prendendosi un cartellino giallo (e squalifica automatica, perchè era diffidato) per interrompere un’azione pericolosa al limite dell’area tedesca. Poi il dramma di Gyan, fra l’altro nettamente il migliore in campo, gli dei del calcio che hanno scelto l’Uruguay, i rigori della serie finale parati da Muslera e il cucchiaio di Abreu. Non un cucchiaio sfiottente, di quelli sul cinque a zero, ma un gesto da inferno o paradiso tipo quello di Totti con l’Olanda a Euro 2000. E per l’Uruguay è stato paradiso, quaranta anni dopo la semifinale di Mexico 1970, sessanta e ottanta dopo le Coppe Rimet alzate. Dispiace per il Ghana, grandissimo anche senza Essien, un po’ meno per gli articoli tafazziani (l’Italia moribonda, i paesi emergenti che emergono, roba così) che ancora per quattro anni giaceranno negli hard disk.
stefanolivari@gmail.com

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