Svegliarino

La squadra dei sogni

Stefano Olivari 24/03/2011

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di Stefano Olivari
Rick Hoyt da Holland, Massachusetts, ha compreso la durezza della vita un po’ prima di quanto lo abbia fatto uno qualunque di noi. Diciamo subito. Proprio mentre sta venendo al mondo, nel 1962, il cordone ombelicale gli si attorciglia intorno al collo e blocca l’afflusso di sangue al cervello. Risultato: una paralisi cerebrale che per il resto dell’esistenza lo ridurrà in uno stato vegetativo.
I medici (incapaci?) sono onesti con i genitori, Dick e Judy, e consigliano di metterlo in un istituto perché avrà per tutta la vita bisogno di assistenza 24 ore su 24. I genitori si aggrappano agli occhi di quel bambino che sembrano capire la situazione che lo circonda: almeno così è consolante credere per chi è disperato. In genere sono illusioni, a volte le storie con il relativamente lieto fine fanno più danni di quelle tragiche, ma il confine fra la fiducia e l’illusione è impossibile da tracciare.
Al Children’s Hospital di Boston consigliano però di trattarlo come un bambino sano, e attraverso un metodo particolare (un segno su ogni oggetto della casa) Judy riesce a insegnare l’alfabeto al ragazzo.
A 11 anni, siamo quindi nel 1972, uno dei primi computer disponibili sul mercato (dalle foto non siamo riusciti a capire il modello, ma è probabile fosse uno Hewlett Packard e sicuro che il linguaggio fosse il basic della nostra adolescenza: If-Then, For-Next e così via) consente a Rick di comunicare compiutamente con il resto del mondo ed è proprio grazie al computer che Rick può frequentare la scuola pubblica. Non è tutto rose e fiori, ma Rick riesce e laurearsi alla Boston University e poi a lavorare nel laboratorio informatico del Boston College. Bene, bella storia edificante, classico compitino da buoni sentimenti, ma non solo Di Pietro chiederebbe che cosa ci azzecca con lo sport.
Ci azzecca tantissimo, perché la prima frase che nel 1972 riesce a scrivere sul computer è ‘Go Bruins!’ (cioè la squadra di hockey su ghiacchio NHL di Boston) e perché la grande passione di Rick è l’atletica.
Nel 1977 il padre, che mai ha corso in vita sua, inizia ad allenarsi con sacchi di pietre sulle spalle e poco dopo si forma quel Team Hoyt che ancora oggi gareggia in tutto il mondo. Un team di due persone che all’ultimo conteggio ha disputato più di mille gare di endurance, fra cui 68 maratone (la più corsa la maratona di Boston, ovviamente, quella che nel 1990 è stata vinta da Gelindo Bordin) e tre gare di triathlon nella versione Ironman. Come fanno? Nella parte di nuoto a nuotare è il padre, con il figlio attaccato a una fune e seduto in un canotto. In quella di corsa Dick spinge e Rick fa quello che può. In quella ciclistica Rick corre su un attrezzo speciale e fa cose sorprendenti. Guardare per credere. La esopiana e telefonata morale, al termine di una storia che si è rifiutata di essere strappalacrime? Ogni sforzo è inutile, anche per chi può camminare sulle sue gambe, ma a morire si è sempre in tempo.

Stefano Olivari
stefano@indiscreto.it
(Pubblicato sul Guerin Sportivo)


Video
Sito ufficiale del Team Hoyt

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