Tennis

La lezione di Paolo Canè

Paolo Morati 02/12/2021

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Una quindicina di anni fa ricevemmo un messaggio da quello che sarebbe poi diventato un giornalista molto social e presente in TV che stava lavorando a un breve documentario dedicato al tennis e in particolare a Paolo Canè. All’epoca aiutavamo un amico che gestiva una pagina web sul tennista bolognese e la richiesta riguardava il filmato del famoso match di Coppa Davis contro Wilander. Un match reso iconico da quel quinto set del lunedì 5 febbraio 1990 più volte evocato qui su Indiscreto da chi tornò di corsa da scuola per vederlo, con in sottofondo la voce di Giampiero Galeazzi.

Fortunatamente avevamo conservato quella registrazione su una oggi ormai usurata VHS e fummo felici di poter contribuire a diffondere il mito del turborovescio e di un giocatore che pur avendo raggiunto ‘soltanto’ la posizione 26 nella classifica ATP è nel corso della carriera riuscito a lasciare un segno indelebile nella nostra memoria di appassionati. Un giocatore estroso, emotivo ed emozionante, dal rovescio a una mano, in grado di accelerare, tagliare la palla e giocare a rete, per un tennis che ormai sembra praticamente estinto tranne qualche talento coraggioso. Primo fra tutti Lorenzo Musetti dal quale ci aspettiamo presto una rivincita della smorzata.

 

Scriviamo di Canè dopo averlo sentito intervenire in modo sempre puntuale nelle telecronache delle recenti ATP Finals di Torino. Discutendone con il direttore, davanti a un paio di paninelli al vapore del Ta-Hua, ci è parso un esempio di come dovrebbe essere un commento tecnico, ossia leggere quello che accade, spiegare perché e come accade, e proporre eventuali soluzioni alternative rispetto alle scelte fatte dal giocatore in campo. Anticipando e non solo raccontando. Insomma dire cose che un profano non vede, evitare banalità e parlare solo quando (e con il tono) necessario, senza esaltazioni superflue.

Fatti tutti i distinguo rispetto al calcio, dove l’azione sul campo e le dinamiche sono molto diverse, così come il prodotto che viene venduto, l’auspicio è che anche le seconde voci che ascoltiamo la domenica (e tuti gli altri giorni) siano più sobrie, preparate e desiderose di rivolgersi allo spettatore anziché a sé stessi, e solo quando serve. Senza ovviamente aspettarci e pretendere che un grande campione sia un ottimo commentatore e viceversa, in tanti dovrebbero insomma andare a lezione da Canè. E non solo con la racchetta in mano.

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