La federazione di Valentina Fabbri

4 Novembre 2013 di Oscar Eleni

Oscar Eleni dal colle romano del Pincio, ammaliato dall’idrocronometro di don Giovanni Battista Embriaco che non si muove, come tante cose, per chi cammina sul viale del tramonto senza l’illusione di poter essere ricordato. Se tormentato dalle beghe di palazzo il basket mostra risentimento verso chi ha onorato l’immenso Cesare Rubini (non un’opera d’arte, ci mancherebbe, non una cosa per guadagnarci sopra come capita con gli scrivani di palazzo, solo amore per dimenticare), allora è proprio messo male. Lo confessiamo, tristemente, a Sandro Aquari, fratello di barricate giornalistiche dove il suo talento e la sua pazienza miglioravano tutto nel mare grande dell’atletica, del basket, del vero sport. Con lui passammo la notte più strana della vita professionale. Seul. Record mondiale di Ben Johnson. Ricostruzione, sua, della gara, metro per metro. Fatica, esaltazione. Disperazione. In quella notte del 1988 molti dei nostri sogni finirono in un’alba tragica. Ci avevano ingannato. Volevamo, forse, essere ingannati.

Sandro Meridio Maximo beve alla mia salute e vuole che guardi il campo Marzio, non la sala d’onore del Coni dove il basket ha mandato il suo vicepresidente, non un giocatore, non qualcuno che ricordasse davvero. C’era, mimetizzato, Dalmonte, vice di Pianigiani, con la moglie, la pallanuoto aveva portato il cittì Campagna, ma il nostro era impegnato a Torino, così come il presidente Petrucci aveva incendi come sindaco al Circeo. Per fortuna c’erano quelli che Rubini amava e stimava di più, come l’ex segretario generale Blasetti che cerca sempre una sede per la Casa della Gloria del nostro basket. Persa la carica e gli amici ora chi se lo fila più nella foresta degli smemorati dove imperano i Mattioli. C’erano il dottor Dima Ferrantelli uomo dalle mani sapienti, dalla grande ironia, il gladiatore Gilardi che al Principe piaceva davvero e non soltanto per quel magistrale colpo dei tiri liberi contro Cuba che aprirono la strada per la corsa alle medaglie olimpiche di Mosca. Non dite che Gilardi lo ha fatto andare al Coni il Laguardia. Non ci crederemmo, direbbe Cino Marchese guardando da fuori un basket che, naturalmente, a gente con la sua testa e capacità, crea, al massimo, un posticino per partite che desidera vedere. Salvo a Roma, si capisce.

Dalla casina Valadier abbiamo fatto partire un piccione viaggiatore capace d’inseguire il presidente del Coni Malagò che al vecchio campione, al grande maestro, all’Indimenticabile ha offerto il suo braccio, la sua sala migliore nel palazzo acca, l’organizzazione anche se nel furore di avere libri con dediche ne ha comprati tre, ne aveva altri tre, ci ha portato via la prima visione sul lavoro fatto magistralmente da Sergio Meda. Il Coni nel ricordo da famedio, la FIP, con le sue piccole vendette lombarde, veneto-giuliane, quasi assente. Lo ha fatto anche a Trieste dove il libretto nato dal cuore di don Zaninelli è stato presentato in un palazzo dove oltre duemila persone sono scattate in piedi per il ricordo. Pazienza.

D’altronde questa è la federazione di fra’ Galdino che cerca quattrini per portare al Mondiale una nazionale che non si è qualificata, che tiene ferma un anno Valentina Fabbri per una firma falsificata, lascia che i burocrati infieriscano mentre i coccodrilli vanno in giro a dire che siamo anche sfortunati. Vero che la pallavolo ha portato via tanti talenti fisici adatti al basket, ma se una alta 1.97, nel giro azzurro, può subire un trattamento del genere allora perché stupirsi se adesso fanno finta di non aver dato una carta così bianca al Savonarola Facchini per la famosa tolleranza zero, anche se scaricano tutto sul raduno con gli allenatori che erano i primi ad essere d’accordo. Per fortuna discutendone con il giovane Martolini siamo arrivati al compromesso che la legge  va anche interpretata e non soltanto applicata con la bugia della lex sed lex come vediamo in questa baraonda sull’anoressica miliardaria.

Via da Roma per tornarci con un’altra storia per cui chiederemo spazio a Indiscreto. La festa di famiglia, con pecore bianche e nere come direbbe il professor Vittori, peccatori e virtuosi, per gli 80 anni dell’ex cittì dell’atletica Enzo Rossi.

Testa sul campionato che ci impone di considerare “parte prima” questa sbrodolation. Vista e ascoltata la prima diretta sul sito della Gazzetta con Peterson come voce narrante. Bella. Interessante. Siamo soltanto addolorati che uno bravo come Trigari sia rimasto nella morsa del fallimento di SportItalia che, al di là delle dolorose verità sui debiti pregressi, i molti ragazzi che si sono trovati senza contributi e  stipendi, i molti che perderanno il posto, era la nostra unica isola di salvezza nel mondo calciocentrico e rombante dei motori e dalla tracotanza di chi ha  i denti e non meriterebbe tutto questo pane.

Giornata di gloria per il Bucchi errante che va  a sbancare la casa Reyer con la sua Brundisium. Lo sapevamo che nell’ambiente giusto avrebbe ritrovato il viperigno che è in lui. Onore al Sacripanti che la troika azzurra vede come fumo negli occhi e proprio lui è andato ad incrinare le certezze (ma chi fa certe valutazioni a Roma?) di chi è convinto che questa Acea sia più forte di quella andata in finale l’anno scorso. Non ne siamo convinti. Certo il tempo aiuta chi lavora bene e, magari, a gennaio, ci sarà una fioritura.

Romeo Sacchetti continua a credere ai Pinocchio della finta difesa. Sale sulla coda del Mazzon che si fa sfuggire una Reyer, questa sì, più forte dell’ anno scorso, anche se non siamo proprio convinti che Vitali o Giachetti siano due su cui costruire squadre con dentro la ferocia della fame: vengono da altri mondi, hanno visto altre cose, soprattutto Vitali, quindi sarebbe meglio rossellizzare la squadra. Confessiamo di non aver creduto fino in fondo al pirata Gresta quando faceva camminare sulle tavole di fuoco i suoi giannizzeri traditori. Cremona torna al torrone, Sassari alla mucilaggine.

Siamo con Caserta quando mette fuori squadra un lavativo. Dovrebbero farlo tutti. Basta farsi prendere in giro da chi viene qui pensando ad altro e poi scappa o si fa cacciare, come successe a Bologna con quel tipo che aveva il diritto di criticare tutto ma è caduto in una pozza di letame quando si è lamentato persino della cucina da cui mancava una delle velenose salse americane che cambiano il sapore di cose tutte uguali.

Grande Villalta con questa inizaiativa di dedicare una giornata agli uomini che hanno fatto grande la Virtus. Non ha uno squadrone, Poeta se ne sta transando, ma ha idee e una forza di carattere che gli permetterà di uscire bene da un’altra stagione difficile, così lontana dalle ambizioni di chi ha fatto storia: lui chiede soltanto i play off, ma anche quelli non sono facili da raggiungere.

Ritrovata la difesa di Reggio Emilia, siamo contenti per Menetti perché anche nella diretta sul sito Gazza, all’inizio, ci eravamo spaventati vedendo un cambiamento negli atteggiamenti di chi l’anno scorso aveva incantato perché stava nella cesta, si vestiva umilmente, aspettava la notte degli acidi, i minuti della fatica, per andare a rubare la secchia dei nemici.

Sul promontorio Frates hanno visto cosa potrebbe fare Varese, pure lei meno forte dell’anno scorso, ma molti hanno un livello di pazienza vicino allo zero. Fabrizio è un tipo alla Capello. Mangia il cranio. Aspettare per credere. Dispiace vedere Vitucci nella rete di una squadra ricca come Avellino dove  si sono autoeletti come sfidanti per il vertice. Prima sarà meglio soffrire un po’  in difesa, in allenamento. Vitucci è un tipo che sa andare nelle tempeste, viene da Venezia, uscirà dalla trappola.

Commenti sull’Eurolega dove le italiane sono state sculacciate a mani nude? Pochi. Anche noi siamo andati come il pullman della superorganizzata e rinnovata Armani a Malpensa quando la squadra atterrava a Linate per parlarne con Bucchi. Meglio aspettare. Vediamo adesso come regolerà il traffico con Lawal. Attenti al doppione, gridano in piccionaia mentre siamo davanti al mistero della coppia Gentile (Balotelli in rosso)-Langford(Ibrahimovic in salsa Olimpia) che chiede rispetto per il sacrificio: poco allenamento, ma sempre in partita, pur essendo doloranti. Così non funziona. Far guarire bene il giocatore risolve molti problemi e poi si può sempre sfruttare il momento per vedere se davvero hanno costruito qualcosa dietro alla vetrina.

Pagelle del risentimento romano.

10 e LODE per il presidente del Coni MALAGO’. I rubiniani del mondo e non gli autori, sia chiaro ai fippaioli, gli saranno grati per sempre.

10 Ad Enrico LETTA non certo come presidente del consiglio, ma per  la sua dichiarazione d’amore verso Cantù, per la sua decisione di essere azionista nel dopo Cremascoli.

9 Al MARZORATI che ha dentro il fuoco, presidente del comitato regionale del Coni, uomo dall’indice bollente come dice il disperato presidente  Malagò, per questa operazione a favore dell’amata Cantù che, purtroppo, non trova molto più di un aiuto formale nel raccolto per andare avanti.

8 Al presidente della federnuoto BARELLI che ha portato in casa Coni, da Malagò che non è proprio nella sua lista dei preferiti, gli uomini importanati della pallanuoto il giorno in cui è stato presentato il libro sull Indimenticabile Rubini. Davanti a certi uomini si dimentica tutto, l’astio, la rivalità, è per loro che ci si riunisce e si finge di essere tutti nella stessa famiglia. Non lo capiranno mai. D’altronde Pianigiani che da giovane volava ovunque doveva essere a Torino, guai perdere una bagna cauda. Lui  ci ha sempre detto che preferisce il ruvido al dolce, salvo se a tavola lo invitano quelli dei giornaloni che, attenzione, potrebbero anche abbandonarlo se dovesse allargarsi a macchia d’olio la fronda capeggiata da evangelisti stanchi di questo buonismo per Azzurra Tenera, come ha detto spesso Carlton Myers.

7 A Stefano GENTILE, POLONARA e DE NICOLAO che ci dimostrano ogni giorno di più come avremmo dovuto organizzare Azzurra per l’europeo. Sfruttando gli italiani buoni dove  esistono e poi cercare un passaportato utile dove siamo alla canna del gas.

6 Al BRUNNER focoso che si ribella quando a Reggio Emilia gli dicono che ha mangiato troppo. Per la verità sembrava anche a noi, ma poi si è scatenato e Caserta ne ha pagato il furore nella settimana in cui la società di Molin meritava un nove per la fermezza verso chi non ha regole e solo presunzione.

5 Al TAYLOR della Roma dalmontiana che si mangia il  secondo finale d’assalto. Certo sbaglia soltanto chi ci prova, ma sarà meglio verificare certe priorità dentro il gruppo  prima di scoprire che gli ordini dalla panchina erano un po’ diversi.

4 A Santi PUGLISI che abbiamo rivisto con piacere nella presentazione romana del libro sul suo maestro Rubini, perché ci ha fatto capire che preferisce coltivare broccoli e pomodori sopra Fano piuttosto che rimettersi a lavorare in un basket dove la gente è figlia di Giano bifronte. Lo rivogliamo in gioco.

3 Alla MANO FATATA che sorteggia gli arbitri. Per Sahin il solitario niente gettoni di presenza, niente campo, una partita in 4 giornate più o meno. Lo dimenticherà anche l’Eurolega e questo è un crimine verso un direttore di gara che sa interpretare la legge e non ha mai fatto il  debole coi potenti e il prepotente con i deboli. Magari stava male. Magari ha rifiutato. Magari si è rotto il fischietto. Magari, ma intanto è così.

2 Al MAZZON rimasto ancora senza saliva per una partita al Taliercio. La sua Reyer non può partire ogni anno prendendo la rincorsa dall’Arsenale delle  squadre perdute. Abbiamo paura che il presidentone diventi zampariniano.

1 Al Romeo SACCHETTI recidivo che  si trova in alto mare con una squadra finalmente completa dove, però, restano i vizi antichi: ogni scivolamento difensivo costa sofferenza e far tornare da Capua certa gente è impossibile. Meglio cambiare subito.

0 Al BASKET come movimento che spreca tutte le occasioni per entrare in gioco: un grande scrittore come Francesco Piccolo, un presidente del consiglio, gente di basket ovunque, nella letteratura, nell’arte, nella politica. Il tamburo per farci sapere come viaggia e dove va Confucio Pianigiani va bene, ma un mondo creativo si tuffa su queste occasioni, non diserta le sale dove c’è tanto mondo sportivo, per tigna, per invidia, per mancanza di sensibilità.

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