Cinema

La Dolce vita di Antonioni

Stefano Olivari 14/09/2012

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Guadagnare web, sesso gratis, video Belen. Sistemata la questione delle parole chiave pro motori di ricerca, vorremmo parlare di un tema di strettissima attualità a pochi giorni dalla visione adulta (si fa per dire) di La Notte, il film di Michelangelo Antonioni che viene spesso associato a L’avventura e L’Eclisse nella cosiddetta trilogia dell’incomunicabilità. Anche se l’incomunicabilità è la base di quasi tutte le sue opere, in realtà, da Deserto Rosso in giù. Qui su Indiscreto non facciamo recensioni, non ne abbiamo la competenza, ma parliamo solo dei film che ci hanno colpito (il prossimo sarà Montecarlo Gran Casinò, antcipiamo solo che va rivalutata l’interpretazione di Paolo Rossi).  E Antonioni, nella sua relativa pesantezza, ci colpisce sempre per il suo essere senza tempo. Quasi nessuno dei suoi film, per temi e dialoghi, è datato ed è per questo che per molti versi è ‘invecchiato’ meglio degli altri miti del cinema italiano del dopoguerra. Invecchiato in senso artistico, perché nella realtà  ha lasciato questa terra 5 anni fa, dopo avere convissuto per un quarto di secolo con i postumi di un ictus (non è un caso che il video di Fotoromanza sia stato girato da semi-invalido, con tanto di camere e gas e di palazzi che crollano in città). Restringendo il discorso a La Notte, ci è sembrato strano (abbiamo fatto qualche ricerca, ma al massimo qualche critico ha trovato assonanza di temi) che nessuno lo abbia mai messo in rapporto alla Dolce Vita di Fellini quando invece ci sembrano identiche non le trame ma l’atteggiamento verso la vita del protagonista e la visione del mondo dell’autore. In entrambi i casi a dominare la scena è un Marcello Mastroianni al suo meglio, che a Roma-Dolce vita è un giornalista che si è adattato al sistema mediatico e alla società dell’epoca mentre a Milano-La Notte è uno scrittore in crisi non di successo ma di idee e di entusiasmo. Al di là di scene che avrebbero retto anche a film scambiati, come quella nel tabarin o la presentazione del libro (come comparsa il vero Salvatore Quasimodo!), ad essere davvero uguale, sia nel geniale’orecchiante (per sua stessa ammissione) Fellini che nell’intellettuale Antonioni, è la capacità ci cogliere l’orrore di una società dove ci si trascina verso il giorno e la notte inseguendo falsi miti per la semplice ragione che quelli veri non esistono. Una società in qualche modo eterna e non associabile solo agli anni Sessanta. Detto che la Dolce Vita precede di un anno La Notte (1960 contro 1961, come date di uscita), il gioco del chi ha copiato chi non si può fare: in entrambi i casi la sceneggiatura è di Ennio Flaiano, ne La Notte in tandem con Tonino Guerra. che qualche anno dopo con Amarcord e altri film sarebbe diventato più felliniano di Fellini. Dite che Monica Vitti fa innervosire? Non avete mai visto Alba Rohrwacher. Scena di culto per gli sportivi? Quella di sesso, vestiti, fra Mastroianni e Jeanne Moreau in un bunker di un campo da golf. Il premio ‘Product placement-Sharon Gusberti?’ Alla marchetta Alemagna (in Deserto Rosso era la Coca Cola, andiamo a memoria), mentre i libri sono rigorosamente Bompiani.

Twitter @StefanoOlivari

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