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Jill Johnson, svedese atipica

Paolo Morati 03/11/2014

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Talvolta ci viene rimproverato di dare troppo spazio alla musica italiana quindi oggi ci sposteremo a Nord fino alla Svezia. Un Paese che ha dato i natali a diverse star internazionali, ma che nasconde anche alcuni nomi del quale vale la pena parlare pur non essendo così noti oltre confine. È il caso di Jill Johnson, un’artista che stilisticamente ha da condividere molto poco con fenomeni come Abba o Roxette, offrendo la versione scandinava di un genere a cavallo tra il folk rock e il country, tanto che alcuni suoi lavori sono stati registrati a Nashville con musicisti locali. Noi l’abbiamo scoperta nel 1998 quando rappresentò la Svezia allo Eurovision Song Contest con la ballad in svedese Kärleken är, brano di grande classe lontano però da quelli che sarebbero poi stati i suoi dischi futuri soprattutto in termini di sound.

Uscita questa estate con un nuovo singolo, Clockwork, e da pochi giorni con l’album Songs for Daddy (cover di classici americani, come Moon River ed Everybody loves somebody) Jill Johnson ha una voce particolare e versatile, e una grande sicurezza nell’interpretazione; ma sorprende anche per il suo aspetto lontano dagli stereotipi e luoghi comuni della ‘mitica’ bionda svedese. Anzi, tutto il contrario, a partire dalla chioma bruna. Le biografie parlano di un esordio già a dodici anni per arrivare a oggi a una dozzina di album in inglese – e diverse cover – che ne hanno fatto una delle cantanti top in termini di successo nel suo Paese. Pur non proponendosi con un progetto particolarmente ‘alla moda’.

Mentre con il nuovo disco veleggia ai primi posti delle classifiche locali, qui in Italia per quanto ne sappiamo Jill Johnson – nativa di Ängelholm, nella Scania (contea marina, nota per i romanzi di Henning Mankell con protagonista Kurt Wallander) – è invece pressoché sconosciuta come spesso accade a chi non entra nel giro mainstream internazionale, per il quale non necessariamente si deve in realtà avere il biglietto della qualità. Biglietto che lei invece possiede, insieme alle carte da giocare per farsi conoscere meglio. Staremo a vedere (o, meglio, a sentire) se in futuro ne avrà le possibilità anche qui. A noi, intanto, piace ascoltarla (e parlarne).

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