Italia United

9 Gennaio 2023 di Stefano Olivari

La United Cup vinta dagli Stati Uniti è stata un imprevedibile successo di pubblico ed interesse mediatico: l’Italia l’ha onorata arrivando in finale, dove la Trevisan non è riuscita con la Pegula a replicare l’impresa compiuta con la Sakkari, Musetti si è ritirato dopo il primo set contro Tiafoe e Berrettini è stato piegato nel braccio di ferro con Fritz. Inutile commentare una manifestazione neonata che per gli azzurri e per tutti è stata soltanto un avvicinamento agli Australian Open, ma comunque è piaciuto il bellissimo clima a bordocampo: ragazzi che sembravano contenti di essere lì, l’immagine di una gioventù positiva, almeno questo hanno trasmesso senza la tensione dei grandi tornei. Berrettini già cazzutissimo, sia nelle vittorie con Hurkacz e Ruud sia nella sconfitte con Tsitsipas e Fritz.

Il grande periodo del tennis italiano, soprattutto maschile, è ben sintetizzato proprio dalle qualificazioni al primo Slam dell’anno, appena iniziate: 16 giocatori in tabellone, contro le 2 donne (ed una delle due è la Errani). Detto questo, Jannik Sinner è stato la delusione del 2022 come ha scritto l’Equipe? In proporzione agli obbiettivi, non vediamo come possa esserlo stato più di Medvedev o Tsitsipas, mentre rimanendo nel presente bisogna registrare il suo primo infortunio, al terzo match in stagione, contro Korda ad Adelaide: un problema all’anca, che pare non metta in dubbio gli Australian Open e che comunque è un problema nuovo rispetto a quelli avuti nel 2022. Stiamo sempre parlando di un ventunenne che è numero 15 del mondo e fra chi gli sta davanti soltanto Alcaraz è più giovane di lui. Proprio il numero 1 del mondo, che sarà assente a Melbourne per problemi fisici che hanno avuto versioni diverse, e che tre settimane fa in due esibizioni, quando ufficialmente stava bene, era stato stracciato da Ruud e Rublev.

Di tutt’altra natura il forfait di Naomi Osaka, che non ha nemmeno inventato giustificazioni per l’assenza da un torneo che ha vinto due volte. Molti ipotizzano che il 2023 sarà l’anno del suo ritiro, prima ancora di compiere 26 anni, ma in pratica la Osaka da due stagioni, dagli Australian Open conquistati nel 2021, è quasi soltanto un’influencer politicamente corretta da 50 milioni di dollari annui di guadagni. Dopo quella finale con la Brady nel 2021 ha giocato 17 partite e nel 2022 in totale 23, senza vincere un solo torneo: non perde occasione per ricordare la pressione a cui sarebbe sottoposta, come se ci dovessimo impietosire, ma forse semplicemente non ha più voglia. Come la futura mamma Barty. Niente di male, se una (o uno) se lo può permettere: il problema è più nostro.

Ad Adelaide grande impressione destata da Novak Djokovic, non perché abbia vinto il torneo (è comunque il numero 92 in carriera, come Nadal e 17 sotto rispetto al recordman Connors: statistiche tutte asteriscabili, per i soliti motivi) ma perché lo ha fatto sembrando lontano dal miglior Djokovic, tranne forse che in alcuni tratti della semifinale con Medvedev. Nervosissimo, in vena di insulti contro sé stesso e contro il suo angolo (Ivanisevic escluso), con qualche rigore a porta vuota mancato: se vince giocando così… Il tutto mentre prosegue la saga delle vaccinazioni: allo stato attuale Djokovic non potrebbe fino ad aprile mettere piede negli Stati Uniti senza essersi vaccinato contro il Covid, quindi niente Indian Wells e Miami. Non è sembrato dispiaciutissimo, visto che a 35 anni e mezzo la missione non è vincere un Masters 1000 in più o in meno.

WTA meglio della FIFA di Infantino e della NBA del BLM, anche se non ci vuole molto. L’associazione delle giocatrici ha reso noto di non avere ancora potuto incontrare liberamente Shuai Peng e che quindi nessun suo torneo sarà programmato in Cina almeno fino al prossimo autunno. Se il caso della tennista cinese, rea di avere accusato un politico locale di molestie e quindi di fatto prigioniera in patria, non dovesse sbloccarsi si andrà anche oltre. Da ricordare che la rinuncia alla Cina costa tantissimi soldi, oltre ad una cattiva fama in tutti gli altri paesi autoritari. Molto più morbida nei confronti della Cina l’ATP di Gaudenzi, destando sorpresa anche fra i suoi iscritti. Una presa di posizione non sarebbe politica, se no alla fine si potrebbe giocare in dieci paesi del pianeta, ma la difesa di una collega.

stefano@indiscreto.net

 

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