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Invidiosi dell’Irlanda

Alvaro Delmo 18/06/2012

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La prima volta che siamo stati in Irlanda una ventina di anni fa ignoravamo completamente il fatto che il calcio non fosse il primo sport per interesse nazionale in termini di pubblico.

Certo si arrivava dagli ottimi Mondiali del 1990 – dove l’eroica Nazionale guidata da Jacky Charlton aveva raggiunto i quarti di finale con tanto di bagno di folla al ritorno – ma il ‘pallone’, pur nell’entusiasmo del momento, rimaneva comunque qualcosa di nicchia rispetto ad altre discipline. Qualcosa da giocare per divertimento in strada o sulle verdi praterie e soprattutto uno sport il cui interesse era legato in passione e tifo a quanto accadeva in Inghilterra, considerato che il campionato locale era ed è sostanzialmente paragonabile – se va bene – alla nostra Lega Pro mentre i giocatori più bravi militano altrove.

Quando vedemmo dei ragazzini, il più delle volte sotto la pioggia, recarsi al campo con delle strane mazze di legno in mano ci fu quindi spiegato che si trattava dell’Hurling, loro sport nazionale, al pari del Gaelic Football. Quindi veniva il Rugby e poi – finalmente – il Football, che però loro talvolta chiamavano all’americana Soccer per non confonderlo – sia mai – con quello gaelico.

Oggi la situazione in Éire non sembra molto cambiata e per capire di cosa stiamo parlando basti dire che lo stadio più grande di Dublino, il Croke Park, è stato per decenni religiosamente riservato solo agli sport gaelici. Poi c’era lo storico Lansdowne Road demolito e sostituito di recente dal più moderno Aviva Stadium dove giocano in sostanza la nazionale di calcio e quella di rugby. Insomma meglio non mischiare sacro e profano.

Inutile quindi stupirsi di una squadra che, perse alcune stelle del passato, ha preso sette gol in due partite in attesa di incontrare l’Italia, mostrando di non avere individualità tecniche di particolare valore. Il miracolo Giovanni Trapattoni lo ha già fatto qualificandosi, perché a Dublino e soprattutto nei suoi dintorni lo sport importante resta comunque un altro. E qualunque sarà il risultato della sfida di stasera invidieremo comunque sempre gli irlandesi per il fatto di avere una disciplina nazionale vera (e non importata nella sua forma moderna) che ha mantenuto un grande seguito.

Alvaro Delmo, 18 giugno 2012

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