Investiamo in Booth

16 Giugno 2009 di Stefano Olivari

I buuu sono per definizione ‘democratica’ razzisti, ma un po’ meno quando vengono riservati ad un bianco senza tutti quei retropensieri del genere uomo della caverne-scimmia. E quando sono dei ‘Booth‘? Perchè questo erano, gli ululati ogni volta che il modesto (non peggio dei compagni neri, comunque) laterale sinistro sudafricano toccava la palla durante la partita con l’Iraq. Più o meno manifestazioni di simpatia, quindi. Chi ha visto la partita in tivù può avere equivocato (più che dei Booth sembravano mormorii di disapprovazione ‘a prescindere’), ma l’ha fatto anche chi era allo stadio, tanto che nel dopopartita il giocatore da poco tornato ai Mamelodi Sundowns (la squadra che è stata qualche mese fa abbandonata da Henri Michel) è stato assalito da domande tutte su questo tema piuttosto che sugli schemi di Joel Santana, leggermente più fluidi ai tempi del Vasco e del Flamengo. Non solo Booth ha chiarito l’equivoco, come abbiamo letto sull’ottimo sito di calcio sudafricano Kick Off, ma è andato oltre spiegando che a vedere le nazionali vanno anche persone digiune di calcio e che magari lo giudicano solo per il colore della pelle. Tanto da non sapere, e noi eravamo fra questi, che sua moglie è la modella Sonia Bonneventia: personaggio al suo paese famosissimo e, fra le altre cose, nera. Insomma, il fatto di rappresentare la quota bianca, oltretutto bianca aperta (non il boero da filo spinato per cui, proseguendo nel luogocomunismo, esiste solo il rugby), in uno sport che in Sudafrica è quasi totalmente dei neri non autorizza a vedere il razzismo dappertutto. Però aiuta.

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