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Il piccolo vantaggio di chi si informa

Stefano Olivari 08/02/2011

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di Stefano Olivari
Quanto costa il gioco a noi scommettitori? Abituati a discutere di sistemi matematici e alta filosofia, di solito evitiamo la risposta a questa concreta domanda. La statistica 2010 dell’AAMS ci viene in aiuto: dei circa 4.400 milioni di euro messi durante l’anno dagli italiani sulle scommesse sportive a quota fissa ne sono rientrati nelle tasche dei giocatori poco meno di 3.600, quindi circa l’81%.
Un pay-out piuttosto alto, confrontato a quanto avviene sul mercato internazionale dove il luogo comune e la realtà indicano l’esistenza delle mitiche ‘quote migliori’: quelle che danno al banco un aggio (o margine) molto inferiore al tradizionale 7-8%, fino a sfiorare l’1% sugli exchange (almeno per gli eventi più liquidi). Non è che gli scommettitori italiani siano più competenti di quelli del resto del mondo, anche se ci piace pensarlo, ma semplicemente hanno a disposizione un numero di eventi inferiore e soprattutto eventi con possibilità di informarsi molto più alte rispetto a una partita di basket femminile juniores norvegese o a un’amichevole di pallamano rumena: situazioni in cui il nome della squadra e la stessa quota (ragionamento del disinformato: se la vittoria è a 1,20 sarà una partita facile) contano più di ogni altra considerazione. La curiosità è che i nostri bookmaker nazionali avrebbero tutto l’interesse ad offrire quote sulle partite più assurde in ogni angolo del mondo, perché in presenza di puntate anomale possono comunque sempre sospendere il gioco. La conclusione è banale, ma non per questo poco importante: bisogna giocare solo su ciò che pensiamo di conoscere.

stefano@indiscreto.it
(pubblicato sul Giornale di oggi)

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