Svegliarino

Il piccolo manager del più grande

Stefano Olivari 27/08/2008

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Da appassionati di vecchia boxe, più che di Muhammad Ali, siamo curiosi di leggere l’articolo di Gianni Minà sulla fresca morte, a 79 anni, di Jabir Herbert Muhammad, uno dei personaggi chiave della corte dei miracoli che circondava ‘ il più grande’. Era fra quelli che poteva definirsi manager dell’ex Cassius Clay, certo, ma soprattutto era figlio di Elijah Muhammad. Cioé il leader della Nazione dell’Islam, un movimento nato negli anni Trenta, esploso nei Sessanta e fra alterne vicende arrivato fino ai giorni nostri (forse i più giovani hanno sentito nominare Louis Farrakhan, un personaggino che sintetizza razzismo contro bianchi ed ebrei, omofobia e supporto ideologico a criminali sparsi per il mondo: in America il suo non richiesto sostegno a Barack Obama è stato respinto al mittente), che forse qualcuno conosce con l’antica denominazione di ‘Musulmani neri’. Nel 1964 il ventiduenne Clay, dopo avere ‘battuto’ Sonny Liston in uno dei più controversi match della storia, quello dell’infortunio alla spalla di Liston fra il sesto ed il settimo round, annunciò al mondo la sua conversione all’Islam. Diventò intimo di Malcolm X, ma fu Elijah Muhammad a ribattezzarlo e guidarlo spiritualmente, lasciando poi al figlio il compito di curarne gli affari. Cosa che il buon Herbert ha fatto fino di fatto agli anni Novanta: non benissimo, dal punto di vista del campione costretto a trascinarsi per il mondo per metà dell’anno nonostante il morbo di Parkinson e tanti altri guai.

Stefano Olivari
stefano@indiscreto.it

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