Il mondo di Zeman

11 Giugno 2010 di Stefano Olivari

Il Mondiale non ci fa dimenticare l’orticello e l’eco mediatica ovviamente nulla dell’ingaggio interista di Rafa Benitez, amante del calcio muscolare e tatticamente poco lontano da Mourinho. E’ un ‘signore’, questo sì, nell’accezione italo-giornalistica del termine: parla bene di tutti e nessuno lo criticherà per le sconfitte, in fondo la palla è rotonda e ad un allenatore educato si perdona molto.
Con la Roma ridotta a riciclare il gonfio fantasma di Adriano, il Milan degli ottuagenari e la Juventus che si sta riorganizzando ma in prospettiva, alla guida dell’Inter sarebbe potuto arrivare uno qualsiasi degli allenatori di fascia alta senza cambiare il prodotto finale. Che sarebbe uno scudetto perdibile solo con nemici politico-sportivi veri o inventati. Altra cosa la Champions League, che all’interno di una elìte di squadre forti può essere vinta o persa a botte di fortuna. Per questo siamo rimasti delusi da questa scelta a metà fra il serioso ed il serio: dopo cinque scudetti l’Inter avrebbe entusiasmato gli…interisti ingaggiando Zeman o addirittura riciclando Hodgson in memoria di tempi in cui troppi fattori (anche le scelte tecniche, perché Ganz era leggermente peggio di Milito e Benny Carbone di Sneijder) remavano contro. Moratti non ha voluto dire una cosa da interista, parafrasando il Moretti su D’Alema. Preferisce vincere, non è una colpa in un mondo in cui la vittoria è tutto per il novanta per cento dei suoi abitanti. Ma un vincitore statisticamente c’è in ogni competizione sportiva. Spesso c’è anche un allenatore capace, come Benitez. Uno Zeman e la sua etica si trovano invece più raramente: con loro si sogna un mondo migliore, non solo un 4-3-3 abbastanza scolastico e un pezzo di latta che in fondo hanno alzato anche i Galliani o i Giraudo.

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