Anni Ottanta

Il momento di Gianni Togni

Paolo Morati 23/08/2020

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… e in quel momento, entrando in un teatro vuoto, un pomeriggio vestito di bianco, mi tolgo la giacca, accendo le luci e sul palco m’invento… Nel 1980 Gianni Togni pubblica un album con questo titolo chilometrico, forse il più lungo della storia della nostra musica. Album che contiene Luna, vero classico lo scorso anno ‘coverizzato’ da Jovanotti in versione spiaggia non riuscendo tuttavia a replicarne la magia come spesso accade con certi brani intoccabili.

Un album, il secondo di Togni, che riscuote un buon successo di classifica, comprensivo di alcuni classici del cantautore romano capace, con le sue musiche e arrangiamenti e i testi di Guido Morra, di mettere insieme racconti di vita innestati su uno spiccato senso della melodia, che lo porterà anche a comporre musical, tra i quali quello sulla vita di Greta Garbo (G&G) messo in scena allo Stadsteatern di Stoccolma.

Si parte con la storia della ventenne Maggie, con cappello di paglia e gonna rosa, come ottimo preludio allo smash hit di quella estate e dell’intero anno, la clamorosa Luna dove il gioco di un nome che rimbalza in chi ascolta tra la sfera in cielo, una persona e poi chissà, colpisce l’immaginario collettivo italiano arrivando fino al secolo successivo. Una mia canzone è una storia di inizi artistici, di chi suonava in un bar, mentre Chissà se mi ritroverai è un altro di quei brani che automaticamente diventano immortali, dedicato a un amore perso e da ritrovare per (magari) finire a parlare come buoni amici.

La tipica composizione di Gianni Togni, tra accelerazioni e frenate, la si ritrova in È bello capirci (senza essere uguali) per una storia di amicizie e ricordi comuni su una donna chiacchierata e spettinata, fino ad arrivare agli splendidi suoni di Giardini in una tazza di the, memorie di infanzia che rimbalzano su un tappeto di finezze. Si torna alla ballad con Pomeriggio maledetto prima di chiudere alla grande sulla lunghissima Voglia di cantare, quando ancora esistevano le intro e non si aveva fretta di passare alla traccia successiva, per un finale di puro e arioso divertimento. Un album che, ascoltato ancora oggi, ti fa riconciliare con la musica italiana mentre le estati odierne sono ormai ostaggio di pigri brani fotocopia, tra trap e reggaeton.

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