Il mese di Damien Ryan

22 Gennaio 2011 di Stefano Olivari

di Stefano Olivari
La precarietà degli stranieri, il secondo sport nonostante tutto e le scuse dei Nets…

1. Il passaportato (traduzione: italiano farlocco) in meno non ha portato grandi benefici agli italiani veri, né come impiego nè come rendimento. Di fatto il due (extracomunitari) più quattro (europei, con l’invasione dei bulgari nati a Los Angeles e dei macedoni dell’Alabama) più uno (il passaportato) fa sì che quasi sempre il primo italiano-italiano sia l’ottava scelta di un allenatore che non può rischiare l’esonero per il gusto di far migliorare uno meno bravo degli altri. Dibattiti che appassionano Petrucci, in realtà la situazione che ha tolto il basket dalle discussioni dei bar (gli appassionati veri non sono calati rispetto a vent’anni fa, al di là del disfattismo nostalgico) non è la nazionalità di chi va in campo ma il mercato sempre aperto. Scriviamo queste righe il 21 gennaio, pochi giorni fa Varese ha messo sotto contratto fino al…28 febbraio l’australiano (niente paura, ha un passaporto irlandese) Damien Ryan per sostituire l’infortunato Jobey Thomas che è riuscito ad essere eroico fino al derby vinto con Cantù e poi si è giustamente fermato. E’ chiaro che Varese aveva facoltà di fare questa mossa e che Recalcati non voglia regalare un mese agli avversari, però magari sarebbe stato bello vedere Fabio Mian in campo per più di 3 minuti a partita. Con tutto il rispetto per Ryan, alla sua settima squadra italiana. L’identità, ma ancora di più l’identificabilità, non è una questione di passaporto.

2. Il basket ha perso quindi possibilità di essere citato nei bar, ma rimane il secondo sport italiano come seguito popolare.
I sondaggi mentono, i dati Auditel a volte anche di più (sui piccoli numeri). Ma gli scommettitori non giocano i loro soldi per finta. A dicembre 2010 sono stati giocati, Italia, 353 milioni di euro sullo sport e di questi 322 sul calcio. Secondo classificato il basket (6,6% del totale) con 23,4 milioni davanti 4,9 milioni del volley (1,4%). Domanda: secondo voi il basket ha nelle pagine sportive dei quotidiani il 6,6% dello spazio totale? I cultori del mitico ‘mercato’ dovrebbero spiegare l’overdose di pezzi di rugby e di vela, senz’altro meno giustificabili dell’ennesima intervista a Leonardo o dell’editoriale su Cassano. In realtà il giornale si compra spesso per inerzia, chi ci lavora mette quello che vuole. Almeno però non dite che il basket non interessa. Non interesserà a voi.

3. Carmelo Anthony ai Nets non è la solita operazione di mercato di cui si parla fino allo sfinimento, ostentando certezze che non ha nemmeno Anthony
(nativo fra l’altro di Brooklyn, dove i Nets si trasferiranno, anche se a 8 anni si trasferì a Baltimora), anche perché la trading deadline del 24 febbraio permette ancora di inventarsi qualsiasi ipotesi di scambio con qualsiasi numero di squadre: abbiamo letto tutte le ipotesi senza perdere il filo, ma solo perché siamo cresciuti con il valzer dei portieri di David Messina in cui si partiva con Giovanni Galli che dalla Fiorentina passava alla Juve per sostituire Zoff innescando un meccanismo a catena al termine del quale rimaneva senza squadra qualcuno tipo Copparoni o Adani. L’operazione Anthony rimarrà nella storia perchè per la prima volta ha portato un dirigente di una squadra, il general manager dei Nets Billy King, a scusarsi con la squadra per il turbamento che avevano portato le voci di mercato. Squadra derelitta anche per i canoni dell’Est (11-31 in questo momento), ma comunque meritevole di rispetto o almeno di finto rispetto. Ovunque finisca Melo, una piccola pietra miliare.

stefano@indiscreto.it

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