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Il Grand Prix di Andrea de Adamich

Stefano Olivari 07/11/2025

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Tutte le persone della nostra età, e molte di quelle più giovani, sono cresciute con il Grand Prix di Andrea de Adamich, imprescindibile appuntamento domenicale su Italia 1 che ci costringeva a fare acrobazie fra un pranzo con la testa già alle partite del pomeriggio, Superclassifica Show di Maurizio Seymandi su Canale 5 e appunto la trasmissione di automobilismo, quasi totalmente Formula 1, condotta dall’ex pilota di tante scuderie, fra cui anche la Ferrari (nel 1968, da terzo pilota dietro a Jacky Ickx e all’iconico Chris Amon), con una carriera di fatto finita per l’incidente a Silverstone 1973.

Non ce lo ricordiamo in diretta, ma le immagini le abbiamo viste tante volte: la McLaren di Sheckter che sbatte sul muretto alla fine del primo giro e finisce in mezzo al gruppo, coinvolgendo undici vetture fra cui la Brabham BT42 di De Adamich, quello a cui andrà peggio: sarà estratto dalla macchina sfasciata dopo un’ora, con fratture alle gambe e danni di ogni tipo. Non tornerà più su un’auto di Formula 1 (36 i gran premi in totale), un miracolo che sia tornato su un’auto normale per i suoi famosi corsi o anche soltanto per andare al supermercato.

Abituati a considerarlo un telecronista e conduttore televisivo, non ci siamo mai resi pienamente conto di come provenisse da una Formula 1 di eroi. Soltanto dopo la sua morte ci è venuta la curiosità di riguardare l’ordine d’arrivo di quel gran premio maledetto, uno dei tanti, che ebbe una nuova partenza, senza gli 11 ritirati e quindi con 18 vetture in pista. Vinse Peter Revson, che l’anno dopo sarebbe morto durante le prove private McLaren a Kyalami, davanti aalla Lotus di Ronnie Peterson, che sarebbe morto a Monza nel 1978, e al’altra McLaren, guidata da Denny Hulme, che sarebbe sopravvissuto alla Formula per trovare la morte nel 1992 in una competizione minore (non per incidente, ma per infarto).

Quinto François Cevert, morto pochi mesi dopo durante il Gran Premio degli Stati Uniti. Fra i ritirati invece Roger Williamson, su March, che poche settimane dopo sarebbe morto durante il Gran Premio d’Olanda a Zandvoort. Inutile ricordare quanto negli anni a seguire siano stati vicini alla morte Lauda, Regazzoni e gli altri. Alla fine a De Adamich è andata molto bene. E anche a noi che per decenni lo abbiamo ascoltato.

stefano@indiscreto.net

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