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Sanremo, il Festival che Mogol sogna
Paolo Morati 01/04/2017
Quando scriviamo di Festival di Sanremo ci piace sempre precisare che in realtà si tratta di Festival della Canzone Italiana. La canzone appunto, e non il personaggio. Di fatto, quello che era nato come un concorso di canzoni assegnate anche a pochi (e poi più) interpreti, si è via via trasformato mettendo maggiormente al centro i personaggi e successivamente le logiche televisive. Interessante da questo punto di vista la posizione espressa nei giorni scorsi da alcuni dei principali autori italiani tramite una petizione che vorrebbe cambiare il regolamento della manifestazione, selezionando prima i brani e quindi assegnandoli poi ai cantanti, senza condizionamenti. Per tornare al “Sanremo di una volta”.
Un bel proposito quello di Mogol, Mario Lavezzi, Franco Mussida, Alberto Salerno e molti altri… anche se in realtà il Sanremo di una volta (da capire bene quale, poi) è lontanissimo e le logiche della gara sono cambiate ormai da decenni, e non da pochi anni. La petizione, che raccoglie già diversi firmatari ed è stata inviata alla Rai, al Comune di Sanremo e al ministro Dario Franceschini, deve comunque tenere conto che ormai si parla di uno spettacolo televisivo costruito per fare audience prima di tutto, soddisfacendo gli sponsor che investono parecchio per farsi vedere dal maggior pubblico possibile. Il tutto in un contesto storico in cui la musica si ascolta sempre moltissimo, ma si paga (e paga) sempre di meno, tra streaming e video online.
Allora ben vengano i propositi di fare cultura e portare in gara canzoni che si ricordino negli anni, di dare spazio ai giovani autori, e di far selezionare i brani da una giuria di esperti (e già qui sarebbe interessante capire chi li nomina e come) e quindi assegnarli ai nomi indicati dalle case discografiche. E magari (suggeriamo noi) anche di cambiare la formula, rendendola più snella, simile a quella dello Eurovision Song Contest e delle votazioni ‘live’ da più zone geografiche, come più volte abbiamo scritto, costruendo un evento multicanale dove le serate del Festival sono solo il punto di arrivo e di rilancio di un percorso creativo e comunicativo, con i brani magari già resi noti un mese prima.
Ma al pubblico di Raiuno, quello delle fiction, dei pacchi, dei balli sotto le stelle e dei volti rassicuranti, questo piacerebbe? E agli investitori? Perché alla fine si torna sempre a quanto già detto relativamente agli obiettivi televisivi, in un contesto totalmente cambiato. Al di là anche della proposta di fare una manifestazione alternativa in autunno, qualora gli autori non venissero ascoltati. Piuttosto sarebbe allora più interessante ricostruire tutto da zero giocando su più versanti e modernizzando totalmente il Festival della Canzone Italiana. O magari (provocazione?) fare un talent mirato agli autori, e al come si scrive una canzone…