Per Berlusconi e il Milan è davvero closing

13 Aprile 2017 di Indiscreto

Il Milan è passato ufficialmente dalla Fininvest, cioè da Silvio Berlusconi, alla Rossoneri Sport Investment Lux, cioè Yonghong Li e chi gli sta dietro (magari nessuno), per una cifra stimabile in 600 milioni di euro, stando al comunicato congiunto delle parti (740 di valutazione meno 220 di debiti più 80 di gestione 2016-17). Si è chiusa così un’operazione che ha le sue origini per così dire ideologiche agli inizi del 2015, quando venne fatto scendere in campo Mister Bee.

È la classica situazione in cui non si può scrivere ciò che realmente si pensa, infatti non lo faremo, però usare un minimo di logica si deve. La base di tutto è che Berlusconi desiderava sganciarsi dalla gestione del Milan, che anche con il medio-piccolo cabotaggio gli costava quasi 100 milioni l’anno, con nessuno che sapesse spiegare perché visto che il risultato attuale è una squadra di giovani, prestiti quasi gratuiti e giocatori da Udinese. Il Milan di Galliani e dei procuratori, insomma, con Berlusconi che da anni (almeno dalla stagione di Leonardo in panchina) non aveva più il polso della situazione e nemmeno aveva voglia di difendere le sue idee, tipo Seedorf. Qualsiasi cosa succeda al club nei prossimi anni non sarà più un problema suo, che non a caso si è sfilato dalla suggestione della presidenza onoraria.

La differenza con il caso Thohir-Inter è evidente: lì Moratti si era tenuto una finestra di tre anni passati da finto socio di minoranza, in cui di fatto l’indonesiano non poteva fare nessuna grande operazione (non che ne volesse fare, peraltro, tutto era già stato messo per iscritto), per poi riservarsi di decidere. Non ha avuto la voglia, i soldi, il coraggio di riprendersi l’Inter a gennaio e così adesso è fuori definitivamente, con la plusvalenza che fra poco la realizzerà Thohir. Berlusconi invece ci teneva ad essere storia fin da subito, senza periodi di transizione, e così sarà. Nessuno gli chiederà conto di quanto faranno Yonghong Li, Fassone e il fondo Elliott, di sicuro avendo 80 anni e mezzo non vivrà abbastanza per vederli vincere cinque Champions League come hanno fatto lui e Galliani.

Tutto il resto è una recita ad uso del popolo, come dimostra la vicenda delle caparre: Berlusconi avrebbe potuto tenersele e finanziare il Milan altri tre anni in attesa di un compratore più solido di uno, che parole ripetute da Marcello Lippi pochi giorni fa, ‘In Cina non conosce nessuno’. Come nel caso interista, il rammarico è principalmente uno: non è che non ci fossero italiani interessati, da soli o in cordata, è che il venditore non voleva fossero italiani.

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