Calcio
I miei colpi di testa, la valigia di Serena
Stefano Olivari 26/12/2022
Per scrivere una buona autobiografia aver avuto una vita interessante, come ad esempio quella di Aldo Serena, è condizione necessaria ma non sufficiente. Perché questa vita deve anche essere accompagnata da consapevolezza e spirito di osservazione, qualità che di solito non fanno parte del bagaglio dei campioni dello sport. Per questo I miei colpi di testa – Le scelte, i derby e gli scudetti di un centravanti con la valigia, il libro che Serena ha scritto insieme a Franco Vanni per Baldini+Castoldi, si stacca nettamente da operazioni analoghe.
L’ex attaccante della Nazionale e di tanti club (soprattutto Inter, ma anche Milan, Juventus, Torino, Como e Bari) ripercorre carriera ed anche dopo-carriera evitando di fare un elenco di partite e di gol, che gran parte degli acquirenti di questo libro peraltro conoscono, e puntando su ciò che c’era dietro: i rapporti con compagni, allenatori e dirigenti, la vita fuori dal campo, la molteplicità di interessi che consente di non impazzire durante e soprattutto dopo i giorni di gloria. Compresi quelli televisivi, visto che dopo Russia 2018 Serena anche come commentatore è quasi scomparso.
I miei colpi di testa segue un ordine cronologico abbastanza preciso, fatta eccezione per il Mondiale del 1990, ferita ancora aperta e non soltanto per il rigore sbagliato contro l’Argentina in semifinale: Serena racconta le notti magiche proprio all’inizio del libro, come se volesse poi evitare la riapertura della ferita. Certo non era lui l’uomo più atteso di un torneo che gli azzurri di Vicini avevano iniziato con Vialli e Carnevale in attacco, per cavalcare poi l’esplosione di Schillaci e Baggio, con Serena (e Mancini!) destinati alla tribuna. Ma fermarsi lì, ad un passo da sogno, è dura anche a decenni di distanza.
Più distaccato ed anche ironico il racconto della sua carriera nei club, di fatto condizionata dall’Inter, che lo ha controllato dai 18 ai 31 anni. Soltanto nel calcio pre-Bosman poteva accadere che un giocatore di primo piano potesse andare in prestito per 6 stagioni, di cui 4 a concorrenti dirette (anche se nel 1982-83 il Milan era in B), certo Serena poteva opporsi ma il racconto delle pressioni per accettare questa o quella destinazione è illuminante. Da notare che lui non ha mai avuto agenti nemmeno quando stavano diventando di moda, ha sempre trattato in prima persona. Paradossale che nel 1991, finalmente libero da ogni vincolo, Serena si sia autoingabbiato firmando un contratto con il Milan ma pentendosene dopo l’offerta del suo estimatore Boniperti per tornare alla Juventus: un episodio che fece partire male il suo rapporto con Galliani, che si sarebbe trascinato malissimo nel tempo.
Le parti più belle del libro sono quelle private, per quanto piene di omissis (Serena lascia intuire di averne fatte di tutti colori, anche prima dell’amicizia con Nicola Berti, dicendo e non dicendo), con il dolore di un rapporto con il padre rimasto in superficie come del resto era normale fino a pochi anni fa, ma soprattutto quelle in cui racconta le logiche dello spogliatoi. Fondamentali da conoscere per chiunque si occupi di calcio ma anche per chi, come lui, veniva definito ‘ragazzo con la valigia’ e quasi ogni stagione doveva adattarsi ad ambienti nuovi, con accoglienze dei ‘vecchi’ fra l’indifferente e l’ostile (significativo il modo in cui Brio gli diede il benvenuto alla Juventus), per non parlare dei tifosi, con quelli vecchi rispettati senza l’ipocrisia della mancata esultanza.
Molto validi anche i racconti dei trucchi con cui ci si arrangiava nel calcio pre-VAR, conosciuti e praticati non soltanto da difensori killer ma anche dagli attaccanti: dalla terra negli occhi che buttava Van Basten alle gomitate dello stesso Serena. Che fra i tanti aneddoti sfata anche il mito dell’amicizia fra compagni, tanto caro a chi racconta di ambienti idilliaci: le squadre funzionano quando sono costruite bene, con ognuno al posto giusto. E grandi amicizie con filosofie di vita simili, come quella di Serena con Klinsmann, a volte non si traducono in una grande intesa in campo. Insomma, Serena ha pienamente vissuto gli anni Ottanta del calcio italiano e ben raccontato quelli successivi. E a differenza della maggioranza dei suoi colleghi li ha anche capiti, mantenendo una pulizia di fondo davvero rara.
stefano@indiscreto.net