I burocrati che hanno ucciso Howe

10 Luglio 2012 di Stefano Olivari

Andrew Howe ha compiuto un vero miracolo, passando in undici mesi dalla rottura del tendine d’Achille ad una condizione che nei 200 lo ha portato a vincere ai recenti campionati italiani, nobilitati da una gara di triplo di livello clamoroso. Però la Fidal e il Coni lo hanno lasciato a casa dai Giochi di Londra, nonostante avesse il minimo olimpico A (20”55, lui l’anno scorso ha corso in 20”31) e nonostante il 20”76 di Bressanone, con quasi 2 metri di vento contrario sul rettilineo, valessero molto meno del 20”65 chiesto come assurda ‘conferma’ dalla federazione. Ma conferma ‘de che’? Chiesta a uno che a inizio anno camminava con le stampelle… Una decisione crudele, sbagliata, ridicola, con l’unica giustificazione burocratica che ci sono stati altri azzurri lasciati a casa che avrebbero avuto i requisiti per partecipare. Più scandaloso ancora di quello di Howe è infatti il caso di Matteo Giupponi, nella 20 chilometri di marcia, che il suo minimo A lo ha ottenuto nel 2012. La Fidal è colpevole di non avere valutato per tempo tante situazioni di confine, al punto da far sembrare una eventuale convocazione in extremis di Howe quasi un favore, ma peggio di tutti si è comportato il Coni. Un ente da abolire domani mattina, che dall’alto dei suoi biglietti omaggio e dei suoi tanti dirigenti in gita premio a Londra ha imposto criteri di convocazione molto più restrittivi rispetto a quelli del CIO, quando invece a uno Stecchi nell’asta del desaparecido Gibilisco (da quando è tornato ad avere lo stipendio statale, dopo le note vicende, si è letteralmente seduto) un’esperienza olimpica avrebbe fatto benissimo. Non si può togliere un sogno, a chi è in possesso dei requisiti per inseguirlo, solo per giustificare la propria esistenza. Sarebbe bello che Gianni Petrucci, pronto a mettere il faccione quando c’è odore di vittoria (la Rai ce lo ha imposto anche agli Europei di calcio, perché al popolo televisivo non erano bastate le banalità di Abete), spiegasse quale beneficio può trarre lo sport italiano dall’esclusione ingiusta di ragazzi che per quattro anni hanno inseguito il massimo degli obbiettivi. E soprattutto da quella di Howe, uno dei pochi volti capaci di far dire a un bambino italiano del 2012 che forse non esiste solo il calcio. La cui unica speranza olimpica adesso risiede solo nell’umiliarsi e nell’entrare in un gruppo di staffettisti dove tutti si odiano e dove c’è chi ha uno stagionale di 10”56. Davvero un bel risultato, per la Fidal del presidente e sponsor (Asics) Franco Arese.

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