Benvenuti in Paradiso

6 Dicembre 2014 di Stefano Olivari

Del Principe degli anni Cinquanta, quello dove si sono formate tante stelle della boxe italiana, ieri sera mancava soltanto il fumo. Quel fumo che ci hanno raccontato tanti amici anziani e meno anziani, che pare quasi di toccare guardando le bellissime foto di Vito Liverani lì esposte. Perché noi possiamo mitizzare un passato vissuto per interposto genitore (che lì combatté come lottatore greco-romano) o interposto Visconti, ma le lacrime di Nino Benvenuti appena è arrivato nel locale sono state lacrime vere. L’ex campione del mondo dei superwelter (anche se all’epoca si usava di più ‘medi junior’) e dei medi ha infatti costruito nello storico cinema-teatro di viale Bligny parte della sua carriera dilettantistica, che sarebbe culminata con l’oro olimpico di Roma. Ed è stato presente non solo in quanto vecchia (76 anni) gloria, ma a commentare per Raisport la diretta del match per il titolo italiano dei welter fra Antonio Moscatiello e Riccardo Pintaudi, clou della riunione di riapertura alla boxe dopo oltre mezzo secolo.

Un match di intensità straordinaria, probabilmente indotta dal fatto che entrambi i pugili siano ‘milanesi’ come altri nomi noti della serata: Renato De Donato, Alessio Taverniti, Matteo Rondena. Con ‘milanesi’ sempre e per fortuna (qui non sentirete mai le lagne para-culturali sulla romanità, sulla genovesità, sulla napoletanità, la lacustrità, eccetera) da mettere fra virgolette. Molto più continuo nell’azione il campione in carica Moscatiello, con qualche fiammata in più nei corpo a corpo lo sfidante Pintaudi: pochissime pause, con un calo fisico alla quarta ripresa dopo le prime tre tiratissime, tantissimi colpi andati a segno. Senz’altro di più rispetto a normale campionato italiano. Con un Moscatiello che in vantaggio ai punti (almeno tre) nel nostro personalissimo cartellino (cit.) ha chiuso l’incontro con un k.o. tecnico alla decima e ultima ripresa. Molta paura per Pintaudi, che si è accasciato sia per la stanchezza di uno che ha dato tutto ciò che ha in corpo che per i pugni presi, quindi l’immediato ricovero per accertamenti: per lui un sospetto ematoma, che poi si è scoperto essere soltanto un problema a una vena. Un piccolo intervento e fra tre giorni sarà dimesso. Speriamo in ogni caso in bene, certo è che quando un match è vero ed equilibrato come questo i rischi sono sempre alti. Quando è stato portato via in barella applausi di entrambe le tifoserie (molti supporter personali ha portato anche Taverniti) e a mezzanotte tutti a casa, con la sensazione che sia ripartito qualcosa di confrontabile, senza sembrare troppo sfigati, con certi club di New York. Per qualche purista i due bar, al piano terreno e a quello della balconata, gestiti dal Dixieland Café e l’ambiente in generale sono fin troppo puliti ed eleganti, ma a sporcare le cose si fa sempre in tempo.

Tutto da mettere nelle giuste proporzioni, perché l’incasso della serata (sui 15mila euro, tutto esaurito da 500 spettatori più vari infiltrati) è di quelli che il Principe avrebbe potuto realizzare venendo utilizzato come discoteca, ma comunque importante per chi pensa che la monocultura calcistica faccia male agli altri sport e anche allo stesso calcio (ci siamo totalmente dimenticati di informarci del risultato di Fiorentina-Juventus, cosa che fino a pochi anni fa sarebbe stata inconcepibile). Molti i volti noti: fra quelli che nella boxe hanno una storia, oltre ai pugili (Fragomeni, Gianluca Branco, Kamel Bou Alì) notato Giovanni Branchini, che adesso si occupa quasi unicamente di calcio (gestisce i giocatori di mezzo Milan, da Montolivo a De Sciglio) ma che con il padre di Alessandro Cherchi (neo-gestore del Principe, con un socio), Salvatore, ha fondato quella Opi arrivata fino ai giorni nostri e che ha in scuderia gran parte dei pugili italiani di richiamo. Del pubblico in generale ci ha colpito l’età media molto bassa, se c’era effetto nostalgia è stato anche per loro un effetto per interposta persona, e la buona educazione: nessun insulto, nemmeno scherzoso, agli avversari del proprio beniamino. Con un significativo numero di ragazze, alcune competitive con le modelle che alzavano i cartelli dei round, che soltanto con la loro presenza rendono l’aria più respirabile in diversi contesti. Non sono certo cose che abbiamo scoperto di fresco, valgono anche per ring più squallidi e ambienti mediaticamente più depressi (nella grande Milano comunque gli unici quotidiani presenti erano la Gazzetta e il Giorno), ma è bene ribadirlo. La boxe italiana non è scomparsa, a prescindere dal suo livello assoluto, del resto chi a vario titolo si occupa di televisione i dati di ascolto li sa leggere.

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