Atletica

Firenze Marathon, la tragedia dei quarantenni

Stefano Olivari 01/12/2014

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La morte di Luigi Ocone alla maratona di Firenze, a un chilometro dal traguardo, fa riflettere sull’atletica amatoriale e sulla sua degenerazione, quella che potremmo chiamare ‘maratonismo’ a prescindere dalla lunghezza delle gare e che porta persone con un lavoro normale (Ocone, napoletano residente a Fucecchio, faceva il muratore) a vivere la corsa con altri tempi ma le stesse logiche di Meucci o Lalli. Perché non stiamo parlando di un cinquantenne sedentario che si pone obbiettivi assurdi ma di un uomo di 38 anni, in ottima forma e con un personale di molto sotto le 3 ore (2:50:53). Inutile fare congetture, Ocone magari sarebbe morto anche mangiando un gelato al bar, tutti siamo stati vicini a persone morte giovani in apparente perfetta salute. Ma questo non toglie che nella maratona per amatori, lo diciamo da tapascioni da minimo 5 e massimo 10 chilometri al giorno anche dopo lo stent, e in generale nell’agonismo di qualsiasi sport per persone oltre i 35 anni, vediamo qualcosa di culturalmente malsano anche al di là delle condizioni fisiche oggettive. Non è un discorso popolarissimo fra gli appassionati d’atletica e meno che mai fra chi di atletica vive, dalle aziende che sul quarantenne fanatico prosperano (abbiamo calzamaglie tecniche per 5 range di temperatura diversi) fino agli organizzatori per cui il numero è potenza (Firenze è la seconda maratona d’Italia dopo Roma per numero di classificati, quest’anno 8.716), ma bisogna ribadirlo: un quarantenne non solo non è un ventenne, ma non è nemmeno un trentenne. L’approccio migliore rimane quello di un altro caduto sul campo e nemmeno in gara, James Fixx. L’inventore del moderno jogging, o perlomeno il primo ad avergli dedicato un libro di successo, morì di infarto a 52 anni dopo avere iniziato a correre a 35 quando era sovrappeso di 40 chili ed avere avuto  molti problemi di salute da sedentario a causa di un’arteriosclerosi ereditaria. La corsa leggera forse non gli allungò la vita (di certo non gliela accorciò: il padre era morto per lo stesso problema a 43 anni), ma permise a Fixx di dimagrire e di vivere meglio i 17 anni rimanenti. Morendo da vivo.

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